Giornale di Vicenza: Pochi scelgono di continuare. Insegnare non dà più motivazioni»
Sono 300 i professori che vanno in pensione Da settembre a casa. Il numero è in forte crescita
di Salvatore Nigro
Gli incentivi statali per fermarsi al lavoro ancora qualche anno non sono riusciti a far breccia sui docenti vicentini. Nei mesi scorsi hanno deciso di andarsene presentando la domanda di collocamento a riposo in tantissimi: ormai, a pie’ fermo, attendono il primo settembre per tagliare definitivamente quel cordone ombelicale che li ha legati per decenni alla scuola. Tutto questo disamore si può leggere nei numeri.
Da quattro anni - in base ai dati raccolti da Francesca Bragagnolo del patronato Inpas di Vicenza - le richieste di pensionamento continuano ad aumentare, raddoppiando nelle elementari e quasi triplicando nelle medie inferiori e superiori: nel 2003 ad andare in pensione sono stati in 135 mentre dal settembre 2006 se ne andranno oltre trecento docenti. Tra il personale Ata c’è stato un incremento più accentuato di domande tra gli assistenti amministrativi ed i collaboratori scolastici (bidelli), un po’ meno tra gli assistenti tecnici. Addirittura un calo di richieste si è verificato tra i dirigenti (presidi) ed i direttori dei servizi generali (segretari), chi dice per la loro giovane età e chi, invece, per incentivi più allettanti loro riservati.
«In questi casi entrano in campo molteplici fattori - afferma Doriano Zordan, segretario provinciale del sindacato autonomo Snals - con prevalenza a carattere psicologico. Anzitutto il timore che nuove riforme possano bloccare l’uscita dal lavoro e di perdere i vantaggi acquisiti. Ha giocato un ruolo decisivo anche il mutamento avvenuto nella scuola: nuovi metodi di lavoro e nuovi programmi, difficoltà di recepire il più articolato ambiente scolastico, il più difficile e complesso rapporto con le famiglie e con gli alunni, le esigenze di una popolazione sempre più multirazziale a cui spesso bisogna adeguarsi anche a scapito di contenuti culturali importanti».
Un esodo così rilevante, a livello provinciale, crea qualche problema al sistema scuola? «Assolutamente no - risponde il sindacalista - perché per un dipendente che va via ce ne sono tanti che attendono di entrare. I pensionati vengono sostituiti da chi ha titolo ed è già inserito nelle graduatorie provinciali del Csa di Vicenza. Questi vuoti costituiscono una vera manna per i precari in attesa di lavoro ma sono deleteri per le casse dello Stato che dovrà far fronte ad ulteriori aggravi di spese. Ci perdono anche gli studenti e le famiglie perché devono rinunciare ad un patrimonio culturale non facilmente traducibile, in tempi brevi, dai nuovi assunti».
«L’incremento del numero dei pensionati, in particolare dei docenti - sostiene Sebastiano Campisi, segretario della Cgil scuola - è da riferirsi anzitutto alla riforma scolastica imposta e per nulla condivisa dagli insegnanti. In un clima di conflittualità politica ed economica, espressa o latente, emerge il timore per il proprio futuro, così sul posto di lavoro ci resta chi non ha ancora maturato i requisiti richiesti e chi ha delle motivazioni profonde alla base della personale attività. Molti, allora, per evitare di incappare nella riforma del sistema pensionistico, in vigore dal 2008, lasciano la scuola e se fregano dei possibili futuri benefici. Da evidenziare - sottolinea Campisi - l’aspetto morale e psicologico dei docenti: sono delusi ed abbandonati a se stessi, sempre più in contrasto con le famiglie degli alunni e con i dirigenti burocratizzati. Per quanto riguarda il personale Ata - conclude il sindacalista - l’incremento pensionistico si giustifica con l’eccessivo carico di lavoro imposto e la mancanza di una benché minima formazione professionale data loro prima dell’assunzione».