Gazzettino/Udine: Le classi omogenee e gli incentivi ai docenti che insegneranno in friulano
Sono questi i punti del disegno di legge per la tutela del friulano su cui sono state avanzate le maggiori critiche
Udine
Le classi omogenee e gli incentivi ai docenti che insegneranno in friulano. Sono questi i punti del disegno di legge per la tutela del friulano su cui sono state avanzate le maggiori critiche da parte della settantina di dirigenti scolastici (su 134 invitati), che ieri hanno partecipato all'incontro promosso dalla presidenza della VI Commissione consiliare presso l'aula magna dell'istituto Malignani a Udine. Ad illustrare il senso della legge e il testo, il presidente del Consiglio regionale, Alessandro Tesini, l'assessore regionale alla Cultura, Roberto Antonaz, il presidente della Commissione, Kristian Franzil. Presenti anche i consiglieri regionali Blazina, Carloni, Ciani, Molinaro, Menosso, Degano e Menis.
Un provvedimento comunque che gli intervenuti hanno dimostrato di conoscere, dati gli interventi mirati. È stato il presidente del liceo Leopardi-Maiorana di Pordenone, Sergio Chiarotto, il primo a mettere l'accento sul punto critico, a suo avviso, delle classi omogenee per l'insegnamento del friulano e per quello veicolare. «Una tragedia - l'ha definita -, perché l'essenza delle classi sta proprio nella loro eterogeneità e la composizione spetta al collegio docenti». Fortemente perplesso anche sugli incentivi per gli insegnanti della lingua a livello veicolare, perché «si creerebbero scompensi dannosi: c'è il rischio che un mediocre docente di matematica che sa il friulano sia pagato di più di un eccellente insegnante che la marilenghe non la conosce». Oltre a questi appunti, però, il preside di Pordenone ha avanzato un'osservazione generale . «Avrei preferito un'ipostazione alla catalana o alla gallese, sebbene più soft: azinché molto per pochi, meno ma per tutti, perché è utile che il friulano sia sempre più parlato».
All'opposto il preside del Malignani, Arturo Campanella, che ha espresso «un formidabile dissenso per la norma e per l'allocazione dei fondi destinati al friulano. Meglio darli al 118 o agli emigranti». Di tutt'altro avviso il dirigente scolastico dell'Ipsia di Gemona, Bruno Serravalli: «La legge è uno strumento chiave per rispondere anche a ciò che la Ue chiede alla scuola, ovvero che formi ragazzi con serie competenze linguistiche».
In quest'ottica il preside gemonese ha auspicato che l'ora settimanale di friulano venga estesa fino a 16 anni, contestualmente all'innalzamento dell'obbligo scolastico. Pasquale D'Avolio, dirigente dell'Istituto comprensivo di Arta-Paularo, si è detto «d'accordo con la legge», ma vi ravvisa «elementi di illegittimità sull'ora settimanale di friulano, perché intaccherebbe l'autonomia scolastica». Da più parti, inoltre, avanzata la richiesta che prima della legge sul friulano si vari quella sull'istruzione.
L'assessore Antonaz, che ha valutato positivamente l'incontro, a margine ha detto che, escludendo le posizioni agli opposti, «valuteremo se sulla scorta delle osservazioni avanzate sarà possibile giungere a degli emendamenti».
La VI Commissione ieri ha incontrato anche i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Snals. «È stato un incontro costruttivo - ha detto Franzil -, perché non ci sono stati atteggiamenti strumentali». Anche da parte del sindacato, è stata sottolineata l'importanza che la veicolarità del friulano sia lasciata all'autonomia delle scuole, che accanto all'insegnamento della lingua ci sia quello della cultura e della storia, che sia posta attenzione alla formazione delle classi e al reclutamento degli insegnanti. I sindacati, inoltre, ravvisano illegittima la norma sulla toponomastica, dove si consente che nella cartellonistica stradale ci possa essere anche solo il nome in friulano e non in italiano.
Ma su questa presunta illegittimità e su quella dell'ora di friulano a scuola, Franzil esprime tranquillità. «Credo che non esista, in ogni caso chiederemo che il testo passi per la terza volta al vaglio dell'ufficio legale della Regione».
Antonella Lanfrit