Gazzetta di Modena: In Emilia Romagna Crescono studenti e classi, ma i prof calano
L’allarme dei sindacati: mancano 1.200 docenti e i fondi per pagare i supplenti
A Reggio e Modena in pole gli istituti tecnici e professionali. A Ferrara gettonati i licei
Crescono studenti e classi, ma i prof calano
L’allarme dei sindacati: mancano 1.200 docenti e i fondi per pagare i supplenti
La media di 21 ragazzi per classe significa anche punte di 30 e più, creando una situazione difficile per la didattica
VINDICE LECIS
In Emilia-Romagna si iscrivono nella scuola pubblica tra i dieci e i quindicimila nuovi studenti l’anno. Un esercito di ragazzi affolla sempre più le aule scolastiche: l’indice regionale ha toccato quota 21,2 alunni per classe, dato superiore a quello nazionale con una ulteriore propensione alla crescita. Si tratta di una tendenza che segna un confine di criticità, oltre il quale si possono nascondere sorprese e insidie. Un affollamento determinato dalle frequenti riorganizzazioni avviate nella scuola ma, anche, da indicatori di crescita che accompagnano lo sviluppo: l’incremento demografico degli ultimi anni, la massiccia presenza di stranieri (circa il 10% sul totale mentre in Italia non supera il 5%) e una scolarizzazione intensa con il 99,6% della popolazione giovanile alle soglie dei sedici anni che frequenta la scuola.
In crescita studenti e classi, in costante diminuzione il numero degli insegnanti e i fondi disponibili per pagare i supplenti. «La scuola in Emilia-Romagna sta vivendo un momento davvero complesso - commenta Paolo Tomasi, segretario regionale della Flc, il sindacato che raggruppa i lavoratori della conoscenza aderente alla Cgil - Il rapporto studenti-docenti e studenti-classi ha superato il livello di criticità. La media di 21 ragazzi per classe significa anche punte di 30 e anche più, determinando una situazione di difficoltà per la didattica e l’apprendimento al punto che, in molte scuole, si è costretti a fare una sorta di badantato di qualità. Non vengono chiamati nemmeno i supplenti a sostituire i colleghi assenti...».
Il sindacato unitario confederale ha, da tempo, avviato un contenzioso sulla questione degli organici sia dei docenti che del personale Ata sottoposto a una politica di «razionalizzazione». I 41.581 docenti in forza nell’anno scolastico nella scuola statale nel 2001-2002 diventeranno infatti 39.771 nel 2007-2008 con un saldo negativo di 1810 unità. Il rapporto tra numero degli alunni per docenti, secondo i dati dell’ufficio scolastico regionale, è cresciuto da 11,3 a 11,5 studenti, segnando una maggiore sofferenza nella secondaria superiore.
«In base alla situazione attuale - incalza ancora Tomasi - in Emilia-Romagna mancano almeno 1200 docenti e 88 lavoratori Ata. Ma, in realtà, di queste figure ne mancano almeno 300. Ci sono casi dove opera un solo addetto per un intero plesso. Mi chiedo come si possa garantire il funzionamento della scuola in queste condizioni». Ai problemi dell’organico, si aggiunge la carenza di fondi: «Che determinano una situazione di continua incertezza - conclude Tomasi - I supplenti non vengono pagati e in regione si aspettano almeno 60 milioni di euro per far fronte alle situazioni di emergenza».
Nei dati elaborati dal sindacato si legge la costante crescita del numero degli alunni e il lento ridimensionarsi di quello dei docenti. Dal 2001-2002 al 2007-2008 la provincia di Bologna ha fatto segnare una crescita di 13.852 studenti e la perdita di 179 insegnanti; quella di Modena rispettivanmente +11493 e -341; Reggio Emilia +10.767 e -151; Parma +5800 e -198; Ravenna + 5688 e -204; Ferrara +3866 e -259; Forlì-Cesena +5288 e -215; Rimini +3659 e -156; Piacenza +4279 e + 18, l’unica in leggera controtendenza. La crescita degli alunni è stata più marcata nella materna negli ultimi sette anni con un +20% di iscritti supportata però da un 8% di docenti in più. Nelle scuole superiori ad un aumento di studenti del 17,7% ha fatto riscontro invece un calo di 6 punti nel numero di docenti, così nelle medie (+8,69% e - 10,24, la diminuzione più vistosa) e nelle elementari (+16,2 e -2,12 di maestri e maestre).
Saranno invece 157.733 gli studenti dell’Emilia-Romagna che affronteranno da settembre il nuovo anno scolastico nelle superiori, nella fascia tra i 14 e i 18 anni. Dal Ministero, che ha diffuso i dati nei giorni scorsi, assicurano che non ci sarà nesun affollamento e che i problemi saranno risolti con una migliore organizzazione. Tuttavia la mappa delle iscrizioni in regione, suddivisa per provincia, consente di leggere le preferenze e le aspettative delle nuove generazioni e delle loro famiglie. In regione, ad esempio, il 36,28% degli studenti ha scelto di frequentare istituti tecnici e il 22,81% quelli professionali. Una percentuale superiore a quella nazionale (rispettivamente del 33,78% e del 20,89%), seconda solo a quella registrata in Veneto. Complessivamente dunque poco meno del 60% dei ragazzi ha fatto una scelta tecnico-professionale. Il 20,48% frequenterà invece licei scientifici, l’11,75% quelli classici, il 4,45% gli ex istituti magistrali e il 4,23% i licei artistici e istituti d’arte.
A Modena, Forlì e Reggio Emilia rispettivamente il 40,8%, il 40,&% e il 38,7% hanno scelto gli istituti tecnici a conferma che le scuole di eccellenza sono considerate affidabili per lo sbocco occupazionale nelle zone economicamente dinamiche della regione. «Le scuole della nostra provincia - conferma Vincenzo Aiello, dirigente scolastico provinciale di Reggio Emilia - hanno una storia e una tradizione di qualità e rispondono alle esigenze delle famiglie. Esiste un evidente legame con l’apparato produttivo che ha determinato anche innovazioni da parte delle scuole al punto che qualcuna è come se fosse una piccola università. Si sono, ad esempio, organizzati i poli scolastici in provincia e gli stessi istituti tecnici hanno sviluppato indirizzi come l’odontotecnico, l’ottico, il fotolitografo che hanno uno sbocco occupazionale. Ci si sta interrogando, invece, su altri filoni come quello turistico alberghiero che appaiono infatti in calo».
Se a Reggio e Modena i tecnici e i professionali hanno un forte capacità di attrazione («altro che la mania morattiana dei licei» ironizza Tomasi della Flc-Cgil) a Ferrara in una situazione economica diversa e con un apparato produttivo meno dinamico regge il fascino degli studi classici. Con 2585 iscritti e il 18,80% degli iscritti sul totale degli studenti ferraresi, il dato rappresenta una singolare anomalia sia rispetto a quello regionale (11,75%) che nazionale (10,81%). «La lettura fatta su una struttura scolastica che aderisce alla situazione sociale ed economica è vera - dice Vincenzo Viglione, il dirigente scolastico della provincia di Ferrara - e il nostro dato lo conferma. Ma, per quanto riguarda il Classico di Ferrara, c’è anche da ricordare che è strutturato con molti indirizzi, compreso quello scientifico, raccolti in un discorso unitario». Il problema, ammonisce Viglione, è che le famiglie dopo riforme (o controriforme) avviate e smontate «vivono momenti di incertezza e disorientamento sugli indirizzi da intraprendere. Ad esempio l’autonomia scolastica è spesso vanificata da uno stop alle vere innovazioni. Infatti non ci sono state nuove vere chances, non nuovi indirizzi di studi».