Riaffermare un principio di democrazia nei luoghi di lavoro, misurare a rappresentatività e verificare se e quanto il nuovo liberismo abbia fatto presa. E’ carico di significati l’appuntamento con le urne dei lavoratori pubblici e della scuola.
I prossimi 5, 6 e 7 marzo si terranno le elezioni delle Rsu. Nella funzione pubblica sono chiamati al voto 62 soggetti, fra cui 35 autonomie locali, 2 aziende sanitarie e 25 enti pubblici non economici: 8.817 i votanti e 305 rappresentanti sindacali da eleggere.
Nel settore scolastico sono circa 6.000 gli aventi diritto, benché non si possa ignorare la problematica dei precari non candidabili e la cui possibilità di partecipazione al voto è limitata alla tipologia di appartenenza.
La valenza di questo appuntamento, che avrebbe dovuto svolgersi un paio di anni or sono, è stata rimarcata da Giuliano Guietti, segretario generale Cdlt Cgil. “Sono elezioni fortemente volute – ha sottolineato in mattinata, in conferenza stampa -: ci siamo impegnati molto per arrivarvi. Riteniamo infatti che sia decisivo riconfermare il principio democratico, soprattutto in questo momento, in cui regole, diritti, la stessa Costituzione diventano della variabili dipendenti nei posti di lavoro. Esiste un problema di democrazia: ad esempio quando vediamo tanti datori di lavoro considerare il rapporto con le rappresentanze sindacali non necessario e non utile e viverlo con insofferenza. La democrazia invece è molto legata alla rappresentanza. Il pubblico è l’unico settore in cui la rappresentanza è normata: costituisce dunque un modello importante da sostenere e da difendere”.
Cgil presenta liste in tutti i posti di lavori. Ben 348 candidati nella funzione pubblica. E ancora 157 nelle 42 scuole statali (su 126 Rsu eleggibili), 11 nell’Università (su 9), 2 nel sistema della ricerca, rappresentato da Imamoter e Cnr Ferrara (su 3), 4 al Conservatorio (su 3): tutti rappresentati i profili sindacali.
“A torto banalizzeremmo queste elezioni se le considerassimo una semplice misurazione di scelta dei lavoratori – ha analizzato Cristiano Zagatti, segretario generale Fp Cgil -. C’è molta attenzione invece perché si tratta del momento in cui due modelli si confrontano: quello di Cgil e quello di altri sindacati. Ricordo l’accordo firmato sul modello contrattuale da Cisl, Uil, Ugl e autonomi nel gennaio 2009, da cui il 30 aprile nel pubblico impiego, che ha praticamente sancito la morte del contratto collettivo di lavoro nazionale per i pubblici dipendenti. E’ un fatto che la contrattazione nei posti di lavoro sia venuta meno, che la cultura degli amministratori ne sia stata influenzata”.
Rincara la dose Fausto Chiarioni, segretario generale Flc Cgil. “Abbiamo assistito a una serie di interventi volti a introdurre un sistema di ri-legificazione dell’accordo di lavoro – ha spiegato -. In una fase peraltro caratterizzata da una forte contrazione degli organici, universitari e scolastici, che ha reso per contro fondamentale lo strumento della contrattazione d’istituto e universitaria, in grado di permettere soluzioni organizzative interne per cercare di contenere l’effetto dei tagli. Mi auguro una partecipazione massiccia – ha concluso -: il segnale di una voglia di riappropriarsi del processo democratico. Sarà un passaggio determinante con l’obiettivo di avere un risultato significativo”.
Per martedì intanto è stato annunciato un presidio di Cgil Emilia Romagna davanti alla Magneti Marelli, considerata “simbolo dell’inaccettabile violazione di principi elementari di democrazia”.