E la notte bianca 'riscatta' la scuola piegata dai tagli
Pochi bidelli, si fanno i conti con i centesimi e si risparmia persino sui libretti per le assenze. Scatta la protesta: «Notte bianca». E alla media Moscati di Roma è subito successo.
di Marina Mastroluca
Un modo per dire che i tagli alla scuola sono qualcosa che dovrebbe far perdere il sonno - e non solo a chi ogni giorno deve fare conti che non tornano.
E così la scuola media Moscati - del neo istituto comprensivo via padre Semeria di Roma, alla Garbatella a Roma - ha deciso per una sera di tenere le porte aperte per mostrare alle famiglie tutto quello che, di sforbiciata in sforbiciata, rischia di essere perduto.
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ECCO PERCHE' LA NOTTE BIANCA
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Voleva essere un’assemblea condita con qualche laboratorio dalle 19 alle 23, si è trasformata in un’invasione di campo che ha lasciato sopresi e persino commossi gli organizzatori, che non si aspettavano la partecipazione di centinaia di persone: quasi una manifestazione di reciproca solidarietà, a dimostrazione di quanto le famiglie sentano - e sappiano - dei rischi che corre la scuola pubblica. «Volevamo far sapere che cosa succede, informare i genitori», dice la preside Annamaria Luperto. Fondi alla didattica tagliati, insegnanti che si auto-tassano per procurare il necessario, riduzione drastica dei bidelli, «a volte non abbiamo nemmeno i soldi per acquistare i detersivi per le pulizie».
Si fanno i conti con i centesimi, chiedendo alle famiglie di risparmiare persino sui libretti per le assenze: non ce ne sono per tutti. Da settembre i supplenti non sono pagati e da tre anni agli insegnanti non ricevono gli straordinari. E intanto le esigenze della scuola crescono e non ci sono i mezzi per affrontarle. «Alla scuola elementare Principe di Piemonte abbiamo dovuto far intervenire i vigili del fuoco per verificare delle infiltrazioni», dice ancora la preside. Intanto, però, la notte bianca è un successo.
All’ingresso della scuola una tavolata imbandita con quello che hanno portato le famiglie, perché la protesta è anche un po’ una festa e un modo di dire che la scuola vuole continuare a mettere nelle mani di questi ragazzini pezzetti di carta che diventano copie della vetrata della «Notte di Natale» di Matisse. O latte che diventa formaggio, offerto con pane carasau e olio d’oliva a mamme e papà. O una banana che non serve per fare merenda ma per estrarne il dna, in un angolo della stessa aula magna che giorni fa è stata concessa ai ragazzini di terza che chiedevano di potersi riunire in assemblea per parlare dei guai della scuola pubblica.
A fine serata sono i professori a rimettere in ordine e a spazzare per terra. Gli stessi docenti che hanno annunciato, per protesta contro i tagli, che sospenderanno le attività extra-curriculari, ma poi sono i primi a dirti che «insomma, vedremo». «Ci contestano 18 ore di lavoro a settimana, ma noi lavoriamo molto di più. Poi c’è il blocco dei contratti e degli scatti di anzianità. Per pagare ora quelli del 2010 ci hanno detto che verrà decurtato il fondo dell’istituto - dice la professoressa Rossana Monaci, tra i promotori dell’iniziativa -. Noi non chiediamo la luna, ma che ci venga riconosciuto il lavoro che facciamo».