Corriere: Padova, Ricercatori in rivolta contro la riforma Gelmini «Il governo la ritiri o salteranno esami e lezioni»
Approvato un documento di protesta: il disegno di legge aumenta i precari
PADOVA — Esplode la protesta dei ricercatori dell’Università di Padova contro il disegno di legge Gelmini, di cui chiedono «formalmente il ritiro nella sua forma attuale o la sua modifica sostanziale». Se così non sarà, stando a un documento sottoscritto ieri mattina da un centinaio di interessati durante un’assemblea al Bo e da oggi in circolazione in tutti i Dipartimenti per la raccolta di altre firme, salterà l’insegnamento. «I ricercatori strutturati e non ritirano la disponibilità a ricoprire gli incarichi didattici non obbligatori per legge, cioè lezioni ed esami, relativi all’anno accademico 2010/2011 — recita il testo approvato ieri — e per la sessione estiva degli esami per l’anno accademico 2009/2010. Si rendono non disponibili a essere inclusi tra i docenti necessari secondo i requisiti di legge per l’attivazione dei corsi di laurea».
«Sono poi allo studio delle manifestazioni — aggiunge Giulia Albanese, coordinatore dei precari Cgil — una dovrebbe svolgersi in maggio. Se ne parlerà nel corso degli incontri nazionali fissati per il 14 aprile a a Roma e per il 23 a Milano. Così com’è la riforma Gelmini è inaccettabile». I motivi? «Prevede la cancellazione del ruolo di ricercatore a tempo determinato e la sua sostituzione con il ruolo del ricercatore a tempo determinato, che comporterà la definitiva precarizzazione della ricerca nell’Università italiana — recita il documento di protesta —. Implica la progressiva estensione della precarizzazione della ricerca e della didattica nell’Università, la mancanza di regole certe sulla progressione di carriera a tutti i livelli, con particolare riferimento al momento dell’ingresso nel ruolo docente. Causa l’irrigidimento della struttura gerarchica interna all’Università e la consegna di molti poteri decisionali a soggetti esterni».
Sotto accusa anche il progressivo sottofinanziamento degli Atenei, che nell’ultimo anno ha sottratto 120 mila euro a quello padovano, e la mancata copertura della riforma. «Da tempo non ci sono pi ù s o l di pe r l ’ e di l i z i a , l o sport universitario e altre voci importanti — prosegue Giulia Albanese —. Il rettore ha dovuto rinunciare a investire in questi settori per non aumentare le tasse agli studenti. La situazione è drammatica, la Cgil chiede un aumento dei fondi e un ampio sistema di reclutamento, che eviti la lotta tra ricercatori strutturati e non, e si assuma la responsabilità di questi ultimi. Da sempre tengono su l’Università».
Nella città del Santo ogni anno si formano 500 dottori di ricerca, ma i posti disponibili oscillano tra 50 e 70. Morale: i precari sono già mille. E poi ci sono gli «assegnisti», che costano 20 mila euro all’anno, «non hanno i diritti dei dipendenti nè i vantaggi dei liberi professionisti ma all’Ateneo convengono, perchè in 8 costano come un professore associato». Ruolo, quest’ultimo che, ha denunciato l’assemblea, con la riforma Gelmini potrà essere ricoperto dal 40% dei ricercatori. Gli altri usciranno dal sistema.
In attesa di conoscere la data di inizio della protesta, arriva una buona notizia, seppur di diverso argomento. Il Senato accademico ha approvato un provvedimento che esenta le neomamme dal pagamento dei contributi relativi all’anno del parto, fatta eccezione per la prima rata che, costituendo l’atto di iscrizione, garantisce loro il mantenimento di tutti i diritti e i requisiti della condizione studentesca relativi alla didattica e ai servizi.