Corriere/Milano: La Bocconi chiede ai milanesi 100 milioni di euro
Appello a imprese, enti e benefattori. «Fanno così anche ad Harvard e al Mit. L’obiettivo? Portare qui i migliori professori stranieri»
«L’università deve crescere senza gravare sugli studenti». Monti: va superato un tabù interno
Non ha bilanci in perdita (il 2004 si è chiuso con quasi 5 milioni di attivo), non registra cali di iscritti (anzi, vuole diminuirne il numero), il suo prestigio in Europa rimane intatto. Ma alla Bocconi non basta. E, prima in Italia, lancia un progetto di raccolta fondi rivolto a imprese, fondazioni, ex allievi. Cifra richiesta: cento milioni di euro. Per far crescere l’ateneo senza gravare troppo sulle matricole. Come fanno Harvard, Stanford, Mit. Un fund raising e cinque obiettivi da raggiungere in dieci anni: l’internazionalizzazione, reclutando oltre il 50 per cento dei nuovi docenti sul job market internazionale; la ricerca, attirando i migliori cervelli del mondo; la qualità dell’offerta formativa, riorganizzando i corsi; gli studenti, contenendone il numero (da 12.500 a 11 mila), raddoppiando gli stranieri (dal 7 al 15 per cento) e differenziando i programmi per le borse di studio; le strutture, offrendo tecnologie di avanguardia, raddoppiando i posti letto (da 1.105 a 2.067 entro il 2010; tra le aree acquisite, la Centrale del Latte), aumentando gli spazi per aule, uffici, biblioteche, residence (da 170 mila a 220 mila metri quadrati).
Un piano strategico decennale e cento milioni di euro da chiedere a enti, fondazioni, privati. «Con questa raccolta di fondi - spiega Mario Monti, presidente della Bocconi (che ieri ha lanciato l’iniziativa) - abbiamo voluto rompere un tabù soprattutto interno. Mi riferisco all’idea, non congeniale alla Bocconi, di doversi sporgere per cercare denaro. Ma l’abbiamo superato, realizzando ciò che fanno gli altri competitori internazionali attraverso un dialogo con la società civile».
Numeri e finanziamenti. La retta dei bocconiani, ha ricordato l’ex commissario europeo, incide sul bilancio dell’ateneo per il 75,4 per cento contro il 12,59 dei contributi ministeriali. Le percentuali si ribaltano negli atenei pubblici: il 63,9 per cento delle entrare complessive arriva dallo Stato, il 12,1 dalle iscrizioni.
«Vogliamo essere tra le università economiche migliori del mondo - aggiunge Angelo Provasoli, rettore dell’ateneo -, protagonisti nella diffusione dei valori di responsabilità sociale, della cultura del mercato, della legalità, della meritocrazia».
Trasparenza e responsabilità, dunque. Ma anche autonomia e credibilità. «Salvaguarderemo gelosamente - continua Monti - la piena autonomia da ogni potere politico ed economico». Per mantenere questi principi, il fund raising avrà un comitato di garanzia presieduto dal presidente della Bpm, Roberto Mazzotta: «Il futuro si fa così: un Paese che non investe nell’intelligenza e nella conoscenza perde anche il presente».
I primi risultati della raccolta fondi si avranno già entro la fine dell’anno: tre cattedre sostenute da Lehman Brothers, Aidaf e Banca Intesa, un centro ricerca finanziato dalla famiglia Dondena, mentre Banca Intesa, Camera Commercio, Ernst and Young, Fondazione Cariplo e Pirelli Telecom si sono impegnate a versare 2,5 milioni di euro in 5 anni. Entro il 2010, poi, 3 milioni andranno alle borse di studio, 12,5 serviranno per finanziare le cattedre, 8,5 per il progetto campus.
Annachiara Sacchi