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Corriere/Firenze: A scuola un parcheggio anti-tagli

I presidi di elementari e medie si arrangiano per trovare soldi, anche con proposte-provocazione

11/04/2010
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Corriere della sera

«Potremmo fare un parcheggio a pagamento nel nostro cortile, o vendere prodotti realizzati dai nostri ragazzi in collaborazione con gli artigiani dell’Oltrarno, del resto siamo un quartiere creativo e pieno di risorse». E’ una provocazione quella lanciata dalla preside dell’istituto comprensivo Oltrarno di Firenze, Sonia Salsi, ma potrebbe anche tramutarsi in realtà, viste le difficoltà finanziarie degli istituti scolastici fiorentini in questo periodo: «I finanziamenti stanziati ogni anno dal ministero non sono sufficienti a coprire le spese che abbiamo. Anzi, il governo è debitore nei nostri confronti di circa 7.000 euro, le cosiddette spese di funzionamento — continua Salsi — che ci lasciano in difficoltà per la copertura delle spese ordinarie, ad esempio la riparazione di un computer, o il reperimento di materiale didattico». E’ per questo che anche a Firenze, come nel resto d’Italia, le scuole dell’infanzia, elementari e medie, fanno sempre più ricorso a contributi volontari da parte dei genitori degli alunni, in media 30 euro all’anno, che però variano da scuola a scuola e diminuiscono in base alle condizioni sociali degli alunni: «Soldi indispensabili, ma ancora non sufficienti in certi casi — conclude Salsi — è per questo che stiamo cercando soluzioni creative, come quella del parcheggio, per sensibilizzare al problema».
Concorde con quanto affermato dalla preside, il dirigente di un altro istituto, il Gramsci, Doriano Bizzarri: «Per capire la situazione attuale delle scuole basti pensare che lo Stato non paga più le supplenze, e siamo costretti ad anticipare i soldi dai fondi interni— afferma— Sono tre anni che non riesco a comprare computer o nuove attrezzature, sto andando avanti con i "regali" dei genitori». E, ovviamente, i contributi volontari: «Li chiediamo all’inizio di ogni nuovo anno scolastico — continua Bizzarri— Sono circa otto euro di assicurazione obbligatoria e 25 euro di contributo extra». Tra le forme più comuni di utilizzo, oltre all’acquisto di materiale didattico e attrezzature, l’aiuto a famiglie in difficoltà anche per il pagamento delle gite scolastiche: «I numeri parlano chiaro— conclude il preside — nel 2009 avevo 10 famiglie non in grado di pagare le gite ai propri figli, quest’anno sono 30, o le aiutiamo o i ragazzi sono costretti a restare a casa». La preside dell’istituto Masaccio, Maria Cristina Tundo, ha deciso di ridurre a due i giorni in cui è possibile portare fuori i ragazzi: «E sono stata costretta a diminuire al minimo le attività extrascolastiche o le uscite pomeridiane che hanno un costo » . Non solo: «Se non ci fossero i contributi volontari — continua Tundo— possiamo dire che la scuola sarebbe chiusa. Con le nostre casse paghiamo non solo i supplenti, ma anche i cosiddetti direttori amministrativi, personale di segreteria, esterno rispetto a quello di ruolo, ma con un valore fondamentale per la scuola».

Contributi volontari, che a volte sono necessari anche per spese apparentemente banali, come la carta igienica: «Per non parlare dei corsi extra organizzati nel pomeriggio, latino o lingue straniere, oggi tutti a carico dei genitori — afferma la vicepreside dell’istituto comprensivo Ghiberti, Giovanna Moschi — La nostra scuola media resta aperta fino alle 7 di sera ogni giorno, c’è la preparazione per le superiori, l’abilitazione a certificazioni d’inglese, e sono soldi in più che per forza ricadono sulle famiglie. Quest’anno anche le gite scolastiche saranno fatte solo dalle terze medie; non solo mancano i fondi, ma anche il personale. Con i tagli governativi e la sparizione delle ore di compresenza, i docenti non hanno più ore libere per accompagnare i ragazzi». Anche all’istituto comprensivo Manzoni-Baracca, dove da anni era organizzato un servizio di doposcuola per gli studenti, sono stati costretti ad assumere operatori esterni pagati dagli stessi genitori, il contributo volontario dato dalle famiglie, non era più sufficiente».


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