Corriere/Bologna: Scuola, dalle pagelle alla carta: dove le famiglie pagano il conto
I presidi: Senza questi soldi non andiamo avanti
E per fortuna che, dove non arriva la scuola, arrivano le famiglie. Altrimenti non ci sarebbe nemmeno la carta per le stampanti. I presidi e i dirigenti di Bologna, come i loro colleghi sparsi in tutta Italia, rispondono al ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini che aveva definito la richiesta di contributi ai genitori una «pratica lamentosa» da interrompere.
Eppure alle superiori, così come alle elementari e alle medie, ormai le risorse sono agli sgoccioli. I soldi non ci sono e la qualità di scuola e didattica rischiano. «Noi — spiega la dirigente del liceo scientifico Fermi, Elviana Amati — chiediamo un contributo volontario di 105 euro o l’attività della scuola si fermerebbe». Con quei soldi la preside provvede alle spese per l’assicurazione, per i materiali didattici e per i laboratori, ma anche per le pulizie, la sostituzione delle lampadine, le riparazioni. «Tra l’azzeramento del fondo ministeriale — continua Amati— e il taglio del finanziamento locale non siamo più autonomi: abbiamo provato anche a chiedere il 5 per mille, ma ce l’hanno negato perché non siamo privati...».
Anche al Galvani non possono fare a meno dei 140 euro che vengono chiesti alle famiglie, che diventano 165 se ci si abbona alla rivista «I quaderni del Galvani». «Con quei soldi — spiega la dirigente Sofia Gallo — possiamo fare cose egregie da inserire nell’offerta formativa». Ma poi i soldi, in base alle priorità stabilite dal consiglio d’istituto, «li usiamo a 360 gradi per tutto». E poi c’è chi è sempre sulle spine in attesa delle risorse. «Quello che pesa— spiega il preside dell’Aldrovandi-Rubbiani, Aurelio Alaimo — è l’incertezza delle risorse e il sovrapporsi caotico delle norme».
I soldi per le attività obbligatorie arrivano sempre più tardi e la programmazione è una corsa a ostacoli. E anche qui c’è il contributo delle famiglie: 100 euro per chi fa grafica e moda, 85 euro per l’indirizzo aziendale-turistico. Vanno tutti nei laboratori, nelle stampanti, nelle fotocopie.
Se la passano ancora peggio gli istituti comprensivi che non hanno nemmeno l’entrata della quota d’iscrizione. «Dovremmo trasformare tutte le scuole in private per non avere più problemi — ironizza il preside delle medie Rolandino-Pepoli, Paolo Alessandri —: senza il contributo di 50 euro dei genitori non potrei comprare nemmeno la carta igienica, i libretti delle giustificazioni, le pagelle». Tutto il resto (gite, visite ai musei, corsi di latino) è interamente finanziato dalle famiglie. Nell’istituto comprensivo 18 il preside Gabriele Di Nino finora non ha chiesto contributi, «ma i genitori volontariamente fanno delle feste per raccogliere un po’ di soldi: capiscono le difficoltà». E le gite? «Le pagano i genitori — dice Di Nino — mentre per i disagiati usiamo i soldi del fondo di solidarietà per non lasciarli a casa».
Nel comprensivo 11 di San Donato la dirigente Daniela Amigoni, vista la concentrazione di bimbi stranieri, di soldi ai genitori non ne chiede. Tranne i 10 euro per l’assicurazione. «Ma mi devo arrabattare per trovare i finanziamenti— spiega —: facciamo la lima su tutto e non so per quanto potremo andare avanti così».
I sindacati lanciano l’allarme. «Le scuole— dice Sandra Soster della Cgil Scuola— hanno esposizioni finanziarie altissime e non c’è liquidità». Su 119 scuole, 110 non reggono le spese obbligate. In cifre: 25 milioni di crediti pregressi non incassati solo a Bologna. Senza quelli, manca il necessario. I casi limite? «I 666 mila euro di credito del polo artistico e i 590 mila dell’alberghiero di Castel San Pietro».