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Corriere/Bologna: Ateneo, la guerra dei ricercatori Medicina, Ingegneria e Chimica pronte a bloccare le lezioni

Consultazioni tra facoltà per boicottare il prossimo anno accademico E martedì tecnici e amministrativi occuperanno il rettorato

14/05/2010
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Corriere della sera

Marina Amaduzzi
Sono pronti a non tenere lezioni nel prossimo anno accademico. E, fin dal prossimo mese, a disertare le commissioni di laurea e ad abbandonare le attività di tutorato. Ricercatori sul piede di guerra. Anche all’Alma Mater. Si stanno contando, facoltà per facoltà, per sapere quanti sono disposti ad astenersi dalla didattica, in vista dell’assemblea d’Ateneo che si terrà martedì prossimo alle 13 e della mobilitazione nazionale contro le conseguenze del disegno di legge Gelmini. La riforma dell’università, e i tagli confermati dal ministro Tremonti, stanno mettendo in subbuglio gli atenei di tutta Italia. E Bologna non si tira indietro. Il fronte sindacale dei tecnici e amministrativi, dei docenti, dei precari, oltreché dei ricercatori, compatto come non mai, chiama a raccolta il personale nella stessa giornata di martedì dalle 10.30 nell’aula V di via Zamboni 38 per un’assemblea che si concluderà con l’occupazione pacifica e simbolica del rettorato (molte lezioni potrebbero quindi saltare). «Chiederemo al rettore Ivano Dionigi di prendere posizione contro i provvedimenti che penalizzano l’università», annuncia Davide Valente della Cgil-Flc.

Alla prima assemblea dei ricercatori dell’Alma Mater, che si è tenuta il 13 aprile (nella foto), ha partecipato anche il rettore Ivano Dionigi che all’interno della Conferenza dei rettori (Crui) ha proposto un documento a sostegno delle loro richieste. In quella stessa aula si terrà martedì prossimo la seconda assemblea dei ricercatori
La protesta dei ricercatori, che ha il sostegno della conferenza dei presidi delle facoltà di Scienze e Tecnologie, rischia di mettere in ginocchio la didattica. A Medicina, la facoltà più grande dell’Alma Mater, 150 ricercatori su 214 hanno dichiarato la loro disponibiltà a incrociare le braccia. «Significa che verranno a mancare circa 6.800 ore di didattica frontale, con corsi frequentati anche da 160-200 studenti, che dovranno essere tenuti da docenti di I e II fascia — spiega Vitaliano Tugnoli, rappresentante dei ricercatori —, un’adesione così alta è un fatto storico per questa facoltà». A Ingegneria su poco più di cento ricercatori, la metà non vuole ricoprire incarichi didattici il prossimo anno, ma la conta non è finita. «A Chimica industriale l’adesione è all’80 per cento, ma arriveremo al 90 alla fine — annuncia Loris Giorgini, che rappresenta i ricercatori nel cda dell’Ateneo —, a Scienze ci sono dipartimenti come Fisica dove l’adesione è al 70 per cento, aMatematica siamo alla metà, altre facoltà come Economia, Lettere, Scienze politiche si stanno contando in questi giorni».

Nel mirino dei ricercatori c’è la riforma Gelmini che li incasella in una categoria a esaurimento, senza prospettive e senza futuro. Contro quel disegno di legge però protestano tutti gli universitari, dai docenti al personale tecnico amministrativo, dai precari fino agli studenti. Per questo è stata indetta la «Settimana di mobilitazione per garantire un futuro all’università pubblica, autonoma, di qualità», che culminerà martedì nell’occupazione simbolica dei rettorati. Contro i tagli al Fondo di finanziamento statale che porterà 40 milioni di euro in meno nelle casse dell’Università di Bologna, contro la precarizzazione dei docenti e dei ricercatori, contro il decreto Brunetta che penalizza i tecnici e gli amministrativi.


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