Concorsi per gli insegnanti
di Franco Buccino
L’insegnante lo vorremmo, oltre che preparato, giovane e magari di bell’aspetto. Potenza dei messaggi subliminali della pubblicità. Che Profumo riassume nel concorso, il quale come d’incanto restituirà spazio al merito, svecchierà la classe docente e riempirà le scuole di giovani operatori in competizione perfino con gli studenti.
Un messaggio ingannevole, naturalmente. Perché i concorrenti saranno al 99% gli stessi che stanno nelle varie graduatorie: al più cambieranno di posizione. Non potranno partecipare alle selezioni i laureati degli ultimi dieci anni che non siano abilitati. Con alcune eccezioni, come i fortunati laureati in scienze della formazione primaria e quanti, non avendo i requisiti richiesti, si affideranno agli agguerriti uffici legali per essere “ammessi con riserva”. I dirigenti del Ministero, avendo collezionato una serie incredibile di pessime figure nella gestione di vari concorsi degli ultimi anni, da quelli per i dirigenti scolastici, a quello per l’ammissione ai tfa, a quello per gli ispettori tecnici misteriosamente scomparso, avrebbero dovuto dissuadere il Ministro dal “lanciare” il concorso per i docenti e consigliargli di approfondire le problematiche relative al reclutamento del personale della scuola.
Che ha una storia semplice. Fino a cinquanta anni fa, c’erano solo i concorsi e un numero contenuto di docenti; poi con la “scuola di massa” i concorsi non sono stati più sufficienti e gran parte dei docenti necessari sono stati assunti da graduatorie e successivamente, già di fatto stabilizzati, sono stati “immessi in ruolo” con le famose leggi sul precariato. Dalla fine degli anni ottanta si è escogitato il doppio canale: metà passano di ruolo con il concorso e metà dalle graduatorie nelle quali si iscrivono gli abilitati. Il resto della storia è ben noto. L’ultimo concorso è del 1999, da esso ancora si attingono “vincitori”: quest’anno a Napoli per le immissioni in ruolo nella scuola dell’infanzia sono state chiamate persone che occupano il posto 3286 o addirittura 24585bis se fornite, nel frattempo, del titolo di sostegno. Le graduatorie del secondo canale erano aperte, poi sono divenute ad esaurimento, con spostamenti biblici a ogni scadenza tra una provincia e l’altra: sono note le guerre per guadagnare una posizione e poi difenderla armati fino ai denti, a suon di master e perfezionamenti e riserve per invalidità.
L’Amministrazione scolastica non ha mai tenuto in grande considerazione il merito. Lo dimostra l’incapacità di gestire i concorsi a cattedra che dovevano essere biennali, mentre, come si è detto, l’ultimo è del 1999. E il penultimo del 1990. Lo dimostra l’incapacità di valorizzare quanti sono stati ammessi e hanno frequentato le scuole di specializzazione create proprio per formare gli insegnanti, le Sicsi: cosa potrebbe esserci di più valido di una laurea e di una specializzazione biennale postlaurea per insegnanti, eppure gli specializzati sono stati inseriti nello stesso calderone delle graduatorie, nelle quali in termini di punteggio i servizi spazzano i titoli. L’ultima invenzione è il tfa, il tirocinio formativo attivo, attraverso il quale sognano di finire nel calderone di cui parlavamo, tanti laureati: quelli che hanno superati i quiz, quelli che sono stati ripescati e quelli che sperano ancora nei ricorsi.
L’Amministrazione scolastica non ha il coraggio di dire che nei prossimi anni non ha bisogno di insegnanti, anzi che il suo vero problema è di riconvertire quelli che ha in esubero, prima di licenziarli. Ciò grazie alle ultime pseudo riforme della scuola, immaginate soprattutto per tagliare posti. L’Amministrazione scolastica non ha il coraggio e la forza di dire che il lavoro docente è usurante, e che il ricambio è fondamentale. Anzi non ne è per niente convinta: il massimo che può fare è di retrocedere i docenti inidonei ad assistenti amministrativi! L’età media dei docenti è destinata inesorabilmente a salire. E non solo quella dei docenti di ruolo, ma anche quella dei supplenti. E, in ogni caso, non ci sono concorsi che possano modificare tale tendenza.
Come si vede, anche nel mondo della scuola non mancano i messaggi palesemente ingannevoli.