Bologna. Referendum, il «sì» della Cgil Scuola
Una priorità la difesa del pubblico, dice la sigla,«ma il quesito non diventi contesa politica»
Chiara Affronte
Duemilacinquecento sezioni di scuola dell’infanzia in tutta Italia (500 all’anno per 5 anni); 50 in Emilia-Romagna. È la prima richiesta forte e circostanziata che arriva dal seminario nazionale dedicato alla scuola 3-6 anni organizzato a Bologna dall’Flc-Cgil. Che punta dritto anche verso l’appuntamento del referendum sulle convenzioni alle scuole paritarie private previsto per il 26 maggio: «Esistono strumenti in democrazia che permettono di accedere direttamente al potere: noi come Flc siamo d'accordo con il quesito perché il tema centrale di questo referendum è come si difende la scuola pubblica». Queste le parole del segretario nazionale dei lavoratori della conoscenza Cgil Domenico Pantaleo che però stoppa anche «i fedayn, ovunque stiano». Perché, a suo avviso, sotto le due Torri si sta drammatizzando eccessivamente la questione del referendum: «Non deve diventare una contesa politica», aggiunge Pantaleo. Che preferisce restare nel merito: «La scuola deve essere laica e gratuita, sempre, e ancor di più in tempi di crisi non è possibile chiedere alle famiglie di pagare un diritto» “costringendole” di fatto ad iscrivere i propri figli alle private perché non trovano posto nella scuola pubblica. Su questo punto infatti ruota il ragionamento del sindacato: «Negli ultimi anni, con tutti i tagli che ci sono stati, si è assistito ad un’involuzione in questo senso attacca la segretaria regionale dell’Flc Raffaella Morsia quando invece la scuola dell’infanzia è il primo passo del bambino-cittadino che entra nel percorso scolastico». È scuola, a tutti gli effetti, come recita l’articolo 33 della Costituzione, insistono Pantaleo e Morsia: articolo ormai conteso tra referendari e non. «Non è ancora scuola dell’obbligo solo per una questione di costi scandisce il numero uno della Flc e anche il ministero dell’Istruzione la considera tale». Motivo per cui la Cgil lancia anche l’altra richiesta: quella di rendere obbligatorio almeno l’ultimo anno per arrivare progressivamente all’obbligatorietà per tutto il segmento 3-6. Da non confondersi con lo 0-3; Pantaleo lo ricorda: «A Bologna si sta facendo un po’ di confusione». Alludendo, con ogni probabilità, al percorso partecipato sullo 0-6 in corso in queste settimane in città. In sostanza, per Pantaleo, il ragionamento che molti enti locali, strangolati da tagli e patto di stabilità, stanno facendo sulle priorità nella distribuzione delle risorse non regge: «Esternalizzare perché le risorse sono poche è un sistema che non regge».
LA SFERZATA DI WU MING Intanto il collettivo di scrittori Wu Ming sceglie le pagine del settimanale Internazionale per sferzare il sindaco Virginio merola. «Il sindaco, che per il suo ruolo dovrebbe fare da garante e arbitro della contesa referendaria, ha deciso di scendere in campo con la maglia di una delle due squadre, con una bella 'B' stampigliata sopra (sostenuta dal comitato pro-convenzioni). Lo stesso farà l'assessore alla scuola. Ci si abitua talmente a evocare i conflitti d'interessi altrui da non vergognarsi più di mettere in mostra i propri», è l'affondo del collettivo, che rilancia il sospetto, già coltivato dai referendari, che la messa a disposizione di «solo» 200 seggi per le operazioni di voto non sia altro che un modo per rendere più complessa la partecipazione e depotenziare la consultazione. «Se si considera che tanto una scarsa affluenza al voto quanto la vittoria della 'B' sono risultati utili per la compagine politico-amministrativa del sindaco, il sospetto che si stia giocando scorretto nasce spontaneo», sostiene Wu Ming.