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Addio Facoltà, 11 Scuole e un nuovo Cda ecco cosa cambia nell'Alma mater

Oggi al voto il nuovo Statuto. Una scelta imposta dal decreto Gelmini e con molti obblighi da osservare. I corsi per ora rimangono gli stessi, ma per l'accademia sarà una rivoluzione

27/07/2011
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Visto da dentro, cambierà la mappa del potere in toga. Visto da fuori, si modificherà il modo in cui siamo abituati a riconoscere l'università; addio a presidi e Facoltà, arrivano i Dipartimenti, per la didattica e la ricerca insieme, e le Scuole, con funzione di coordinamento dei corsi. Cambia volto l'Alma mater, con l'approvazione odierna del nuovo Statuto, prima il passaggio in Consiglio di amministrazione, per un parere favorevole, poi in Senato accademico.

Lo studente continuerà a laurearsi in Ingegneria meccanica, ma nella Scuola di Ingegneria-Architettura, non più nella Facoltà di Ingegneria. Ne avrà undici da scegliere di Scuole (per ora con gli stessi corsi) e non più ventitré Facoltà. Forse non avvertirà lo scossone. Ma per l'accademia sarà una rivoluzione. In gioco chi deciderà cattedre e carriere dei professori, nuovi equilibri tra aree disciplinari (tremano le cordate meno forti), principi, funzionamento e autonomia dell'Ateneo. Ecco il significato del nuovo Statuto dell'Alma Mater.

È toccato a Ivano Dionigi rettore riscriverlo, per legge (lo impone la riforma Gelmini, dettando non trascurabili paletti) e per convinzione. Ed è il banco di prova del suo mandato che, sancisce il nuovo statuto, durerà sino a ottobre 2015. Poi a casa. Con le mani libere, dunque, di chi non deve essere più rieletto, Ivano Dionigi ha affrontato, talvolta in solitaria, la ri-fondazione dell'Ateneo.

Lo aveva fatto, nel 1992, Fabio Roversi Monaco, per imposizione di un altro ministro, Ruberti. Sullo sfondo le contestazioni studentesche, allora la Pantera, oggi l'Onda. Anche Dionigi incasserà qualche "no" e dei distinguo, come nel '92. Ma l'opposizione allo statuto, quella che ora chiede un referendum su di esso, viene da più lontano. Il rettore di sinistra che accetta la riforma del governo di centro destra, giudicata "emendabile", mai rigettata: ecco la colpa che la sinistra accademica non gli perdona. Così, anche se non è mancato il confronto, più che in passato o in altri Atenei, Dionigi diventa anti-democratico. La linea dura boccia lo Statuto perché boccia la Gelmini. Poi ci sono gli amministrativi, i più disorientati dalla riorganizzazione (se le strutture si dimezzano, quali garanzie?), che vogliono contare. Sindacati e docenti "preoccupati" - i No Gelmini - , dunque, la spina nel fianco di Dionigi che ha dovuto fare i conti anche con i mal di pancia della Romagna, imporsi a Medicina, sacrificare la sua stessa area umanistica, che voleva contare di più, consumare qualche strappo con presidi-amici. Per mettere insieme tutto e tutti. E tentare di porre, come lui vuole, al centro gli studenti. Il riassetto interno all'Ateneo, il teatro degli scontri più accesi. Efficienza e funzionalità, detta la legge e concorda Dionigi. A scapito della democrazia, contestano gli oppositori. Un punto per capire.

Cambia il CdA: due studenti e otto membri (tre esterni) nominati dal Senato su curricula selezionati da un comitato di saggi scelti dal rettore e dal Senato. Un organo non più elettivo, non revocabile, con più poteri, anche sulla ricerca di base, la più a rischio in tempi di vacche magre. E' il meglio che si poteva fare con una pessima legge, sospirano i più. E nonostante la mediazione tra le parti. Un testo che ridisegna il potere baronale aprendo qualche breccia: non solo ordinari alla guida dei nuovi dipartimenti, anche ricercatori a coordinare corsi. Passa la competenza che rende tutti un po' più uguali, insistono i sostenitori. Nello statuto Dionigi trovano spazio studenti e ricercatori, le pari opportunità, il merito, il benessere sul lavoro, l'internazionalizzazione. E non è un caso che il diritto allo studio diventi il secondo dei principi. E che, per definire l'istituzione universitaria, accanto a "laica, autonoma e pluralista", appaia anche la parola "pubblica". Prima non c'era. Basterà a salvare l'università dal collasso, come dice oggi la Crui, a causa di pesanti tagli e ricambio generazionale negato? Dopo le regole, Dionigi dovrà entrare in partita.


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