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Con il Merito scatti per due Prof su tre

Dopo l’«esame» premio di 60 euro netti al mese I dubbi dei sindacati: l’anzianità deve restare

04/09/2014
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Corriere della sera

Di qui i bravi, di là i meno. La scuola del 2018 sarà anche così, con una linea rossa da superare per dimostrare competenza e rimpinguare le buste paga. Al centro del piano varato dal governo Renzi c’è una parola chiave: merito. Un traguardo misurabile, da retribuire in base a parametri precisi e che potrà portare i docenti migliori, a fine carriera, a guadagnare 9 mila euro netti in più all’anno rispetto al loro stipendio base; 2 mila più di quanto guadagnerebbero con il sistema attuale.
Non sarà più l’anzianità di carriera a spingere verso l’alto le retribuzioni: la novità è che se maestri e prof vorranno un aumento di stipendio, dovranno meritarselo, dimostrando quanto valgono in classe, quanta dedizione e impegno destinano alle attività del loro istituto, quanta voglia hanno di crescere e migliorare, attraverso attività di formazione, ricerca, produzione scientifica. Le medaglie che dovranno appuntarsi sul petto si chiamano «crediti didattici, formativi e professionali». Entreranno nel portfolio del docente — elettronico e pubblico — che verrà vagliato ogni tre anni dal nucleo di valutazione interno a ogni scuola (di cui farà parte anche un membro esterno e un docente «mentor», nominato tra i docenti che si sono distinti negli anni precedenti e che si occuperà, tra l’altro, di seguire la valutazione dei colleghi) — e porteranno agli scatti di stipendio: 60 euro netti al mese, per un triennio, ha detto il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, illustrando un meccanismo ideato «per superare il criterio “più capelli bianchi, più euro in busta paga”». Lo stipendio potrà poi essere annualmente arrotondato anche con la retribuzione di attività aggiuntive (orientamento, innovazione, stesura di Pof, i piani dell’offerta formativa). Agli «scatti di competenza» avranno diritto solo i due terzi dei docenti di ogni scuola che avranno maturato più crediti nel triennio precedente. «Due insegnanti su tre — si legge nel documento del governo — incrementeranno il loro stipendio ogni tre anni e non più ogni 9, ogni 6, ogni 7, come avviene oggi». I più bravi possono avere già 120 euro netti in più dopo sei anni, 180 in più dopo 9 anni. E nella propria carriera, ciascun docente potrà maturare fino a 12 scatti di competenza: il doppio rispetto a quelli previsti attualmente.
La contabilità è inclusa nel dossier digitale. Dove si spiega anche che il primo scatto sarà attribuito alla fine del 2018, al termine del primo triennio dall’assunzione dei nuovi 150 mila docenti: in quel momento entrerà a regime il sistema che — si legge — «creerà un immediato dinamismo».
Di quale segno, è tutto da vedere: il meccanismo che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe innescare una «mobilità orizzontale positiva» (cioè il trasferimento di docenti mediamente bravi verso scuole dove la qualità dell’insegnamento è meno buona, per maturare più facilmente gli scatti), rischia in realtà — avverte Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli — di sortire l’effetto opposto, e cioè di scatenare una «migrazione al ribasso» di prof che non raggiungendo la soglia per ottenere il premio, la vanno a cercare dov’è più facile conseguirla. «Così si rischia di non arrivare mai a creare gruppi di lavoro che progrediscano insieme», dice Gavosto. «Meglio sarebbe stato prevedere scatti di carriera per favorire la permanenza nella stessa scuola e la costituzione di un nucleo di docenti in grado di trainare gli altri».
La rivoluzione annunciata, che entrerà in un decreto legge a inizio 2015, dopo la prevista fase di consultazione, incontra in linea di massima il favore dei sindacati. Che però mescolano, nelle reazioni, speranze e timori. Giudicando positivamente l’impianto della riforma, le associazioni di categoria sono però in allarme per le affermazioni del ministro Marianna Madia sul blocco dei contratti per i pubblici dipendenti nel 2015: «Una doppia penalizzazione per il personale della scuola: blocco del contratto e blocco degli aumenti per anzianità», dice Massimo Di Menna (Uil). Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, giudica negativamente «la mancanza nel documento di qualunque riferimento al rinnovo del contratto, fermo da 7 anni» e su analogo tasto preme Marco Paolo Nigi dello Snals, secondo il quale «per rendere credibile il piano urge il rinnovo del contratto».
E se la Uil garantisce «sostegno» al provvedimento, «purché continui ad essere riconosciuta l’anzianità di servizio», ne critica la previsione di incrementi solo per una percentuale prefissata di insegnanti «eliminando la progressione economica per gli altri». In questo modo, sostiene Di Menna «si determina tra gli insegnanti un clima di contrapposizione, di cui non c’è bisogno».
D’accordo nella sostanza anche i dirigenti scolastici «ma ci sono molte perplessità da parte del personale docente — avverte il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, Giorgio Rembado — perché alcuni ritengono che la valutazione sostanziale dell’attività degli insegnanti, al momento, non sia possibile. Bisogna quindi vedere le modalità con le quali si realizzerà».

Antonella De Gregorio
 


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