Il precariato della ricerca e dell'università e la finanziaria 2007
Il programma dell’Unione poneva il superamento del precariato come uno degli obiettivi prioritari del Governo.
In realtàquesta prima finanziaria è del tutto insufficiente a rispondere a questa emergenza, in particolare nei settori della ricerca e dell’università.
La proposta di legge finanziaria infatti mantiene il blocco delle assunzioni fino al 2010.
Infatti solo per gli anni 2008 e 2009 le università statali e gli enti di ricerca pubblici possono procedere ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma entro il limite dell’80 per cento delle proprie entrate correnti complessive (budget), come risultanti dal bilancio consuntivo dell’anno precedente, ed entro il limite delle cessazioni dei rapporti di lavoro.
La norma se non contenesse il riferimento al turn over sarebbe positiva, perché il budget è complessivo di tutte le risorse a disposizione delle amministrazioni, ma con questo vincolo diventa addirittura penalizzante rispetto alle possibili assunzioni.
La stessa norma prevede che il 40% delle assunzioni debba riguardare i lavoratori a tempo determinato che hanno superato procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge e lavorato almeno tre anni anche non continuativi. Il requisito viene maturato anche da coloro che abbiano lavorato almeno per tre anni nell’ultimo quinquennio. I lavoratori a tempo determinato assunti con procedure diverse da quelle concorsuali possono essere stabilizzati previo superamento di prove selettive.
In realtà la composizione del precariato nei settori della ricerca e dell’università è infatti molto articolata: oltre ai tempi determinati ci sono collaboratori e assegnisti di ricerca e sono la maggioranza. L’efficacia di questa previsione normativa che si riallaccia ad una norma generale prevista per tutto il pubblico impiego è molto limitata anche a fronte della proposta originaria del ministero della funzione pubblica che, quanto meno, prevedeva anche una norma specifica per la conversione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa in contratti di lavoro subordinato a termine.
Non bisogna poi dimenticare che nella stragrande maggioranza dei casi avere un contratto di lavoro subordinato piuttosto che un assegno o una collaborazione dipende dalle risorse disponibili e non da altro. La costruzione di una gerarchia tra precari è quindi assolutamente da condannare. Se in alcuni casi la norma sanerà la situazione dei precari storici, e di questo saremo ovviamente contenti, in molti altri rischia di determinare una vera e propria ingiustizia essendoci collaboratori e assegnisti con anzianità maggiore di molti lavoratori a tempo determinato.
Inoltre, come se non bastasse, nella finanziaria si prevede che l’utilizzo di contratti a tempo determinato e collaborazioni non debba superare il limite del 40% della spesa sostenuta nel 2003.
La finanziaria dell’anno scorso prevedeva il limite del 60%.
Ciò comporta nei fatti, al netto delle stabilizzazioni di cui sopra, la perdita secca di posti di lavoro.
L’università e la ricerca sono in parte salve da questa scure, in quanto la finanziaria 2006 escludeva da questo vincolo le assunzioni a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca o finalizzati al miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti, i cui oneri non fossero a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università. Ma non tutti i precari gravano su fondi esterni e la norma penalizza.
In questo quadro davvero preoccupante, giudichiamo positiva la previsione del piano straordinario di assunzioni di ricercatori, aggiuntivo rispetto al reclutamento ordinario. Le risorse destinate, però, risultano comunque inadeguate ad assorbire tutto il precariato dell’università e della ricerca, se è vero che nella sola Università dal 2003 al 2006 sono stati banditi concorsi per circa 7.000 posti, mentre questa norma ne prevede solo 2.000 in un triennio!
Per quanto attiene alla condizione specifica dei lavoratori parasubordinati (artt.85-86) cioè assegnisti e collaboratori, se l’aumento dell’aliquota contributiva al 23%, in linea teorica positiva, per evitare che essa si trasformi in una erosione delle retribuzioni, occorrerà garantire minimi salariali.
Sempre per questi lavoratori si introduce l’indennità di malattia a carico dell’INPS entro il limite massimo di 20 giorni nell’arco dell’anno solare, con esclusione degli eventi morbosi di durata inferiore a 4 giorni (l’indennità è la metà di quella ospedaliera cioè la metà di circa 30 euro…) e un trattamento economico per congedo parentale, limitatamente ad un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, la cui misura è pari al 30 per cento del reddito preso a riferimento per la corresponsione dell’indennità di maternità.
Di fronte a questa situazione, al taglio delle risorse e alla grave penalizzazione dell’autonomia degli enti l’unica risposta possibile è stata quella di dichiarare assieme a Cisl e Uil uno sciopero generale dei due comparti.
Unitariamente abbiamo anche avanzato alcune proposte di modifica chiedendo in sintesi:
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Di eliminare il blocco delle assunzioni e il riferimento al turn over, liberando quindi le potenzialità di una norma come quella prevista dall’articolo 70 altrimenti inutile se non dannosa.
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Di consentire l’applicazione dell’articolo 57 con modalità chelo rendano compatibile da un parte con l’articolo 5 del contratto ricerca sulla base del quale già si prevedeva la possibilità di stabilizzare i tempi determinati e dall’altra con la complessità della composizione del precariato nel settore università e ricerca. Infatti non bisogna dimenticare chela stragrande maggioranza dei precari lavora con contratti di tipo parasubordinato e assegni di ricerca. E’ necessario che l’assunzione dei tempi determinati vada di pari passo con quella di tutti gli altri.
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Di prevedere l’autorizzazione da parte del Ministro di un piano straordinario di assunzioni per 30mila posti entro il 31 marzo 2007 sia per gli enti di ricerca che per le università.
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Di trasformare co.co.co. e assegni di ricerca, in contratti di lavoro a tempo determinato.
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Di non ridurre la spesa per i tempi determinati e i parasubordinati.
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Di aumentare i finanziamenti diretti alle università e agli enti spostando una parte delle risorse previste dal fondo unico per il finanziamento dei progetti di ricerca.
Roma, 31 ottobre 2006
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