La fine del 2010 ha visto l'entrata in vigore della L. 183/10, il famigerato Collegato lavoro, l'ennesimo, sfrontato attacco ai diritti dei lavoratori, sferrato riformando tra l'altro il contenzioso del lavoro, scippando materie decise finora dalla contrattazione collettiva per consegnarle alla decisione unilaterale di chi legifera.
Per i lavoratori precari di tutti i comparti si è aperta una corsa contro il tempo: hanno avuto appena 60 giorni dall'entrata in vigore del Collegato lavoro per impugnare i contratti a termine già scaduti, avranno 60 giorni dalla scadenza per impugnare i contratti ancora in essere. La CGIL ha chiesto subito la correzione del termine, ritenendolo illegittimo, così come ha sollevato subito l'ipotesi che si trattasse di una norma per molti tratti incostituzionale. Infatti, il "Collegato lavoro" finisce davanti alla Corte Costituzionale: a sollevare la questione di legittimità, a meno di due mesi dall'entrata in vigore della legge, è stato il Tribunale di Trani. Nel mirino la norma che riduce l'ammontare del risarcimento al lavoratore assunto illecitamente con un contratto a tempo. Nella sua ordinanza il giudice parla di «violazione di una quantità incredibile di norme costituzionali», a cominciare dall'articolo 3 sul principio di uguaglianza.
È legittimo sospettare che sia solo l'inizio.
Nel frattempo, la vertenza contro la reiterazione dei contratti a tempo determinato lanciata dalla FLC CGIL, legata alla L. 183/10 quanto a termini di decadenza e prescrizione, ha coinvolto decine di migliaia di precari, che hanno impugnato i contratti già scaduti: un numero impressionante, che rende l'idea del ruolo rivestito da queste lavoratrici e lavoratori per consentire il corretto funzionamento di scuole, università, enti di ricerca, conservatori e accademie.
La vertenza sulla "Ricostruzione di carriera" per i lavoratori precari della FLC CGIL ha invece avuto inizio nel 2008, quando, a marzo, è stata lanciata l'iniziativa che ha dato il via a migliaia di tentativi di conciliazione, fatti a livello provinciale, per porre le basi dell'attuale azione giuridica. Il 27 gennaio scorso il tribunale di Milano ha emesso un'importante sentenza con cui ha riconosciuto il diritto alla carriera di quattro docenti precari di scuola secondaria superiore con un'anzianità di servizio che va dai 4 a 7 anni: una vittoria della FLC CGIL, la prima organizzazione sindacale a lanciare questa campagna legale per ottenere l'estensione dei diritti a favore dei precari. Questi docenti hanno avuta riconosciuta l'anzianità lavorativa da quando sono stati assunti, con diritto a percepire i relativi arretrati e gli interessi legali maturati. Si tratta di un fatto di civiltà che vuole stabilire un principio di equità tra lavoratori, sanando le discriminazioni di lunghi anni di politiche scolastiche del governo che, nonostante i posti liberi, si rifiuta di approvare un piano pluriennale di assunzioni.
Coerentemente con questo impegno sindacale, avevamo chiesto, in fase di rinnovo del Ccnl, l'accesso alla carriera anche per i precari, ritenendo anacronistiche e ingiuste le leggi dello Stato che limitano tale diritto al solo personale con contratto a tempo indeterminato.
L'Operazione centomila ha rilanciato la nostra richiesta di stabilizzazione, connessa all'esigenza di continuità didattica e del servizio come elemento qualificante del percorso formativo degli studenti, alla qualità del servizio e al diritto ad avere prospettive future proprio di ogni persona.
L'intesa sul pubblico impiego, l'ennesimo accordo separato non sottoscritto dalla la CGIL, apre un nuovo fronte per la nostra rivendicazione dei diritti: la FLC e la FP hanno già proclamato lo stato di agitazione, la mobilitazione continua.
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La legge 240/10 del 30 dicembre 2010, meglio nota come legge Gelmini sull'Università, per quanto riguarda le nuove norme relative a personale accademico e reclutamento ha come principale effetto quello di precarizzare ulteriormente la figura del ricercatore nel nostro Paese, senza garantire il ricambio generazionale necessario all'interno del mondo accademico.
Infatti, da un lato, la legge non definisce una vera tenure track in grado di promuovere i giovani meritevoli; dall'altro, non prevede alcun riconoscimento del lavoro svolto dai cosiddetti "precari storici", cioè da coloro che svolgono da anni e in maniera continuativa didattica e ricerca nell'Università.
Innanzitutto viene introdotta l'abilitazione scientifica nazionale, superata la quale un giovane ricercatore acquisisce unicamente il diritto di poter concorrere per una posizione di professore associato. Inoltre, qualora entro quattro anni il suddetto giovane ricercatore non sia riuscito a diventare docente di seconda fascia, tale abilitazione scade e va eventualmente riconseguita.
In secondo luogo scompare la figura del ricercatore a tempo indeterminato (categoria messa "ad esaurimento") e viene sostituita da quella del ricercatore a tempo determinato, un'ulteriore figura precaria che si aggiunge a quelle già esistenti (assegnisti, contrattisti, borsisti).
Più precisamente, viene istituito il ricercatore a tempo determinato "di tipo a)" (così chiamato in riferimento alla lettera dell'art. di legge) che dura tre anni ed è rinnovabile altri due, per un totale di cinque anni; ed il ricercatore a tempo determinato "di tipo b)", riservato a chi ha già avuto il tipo a) e con una durata di altri tre anni. Dopo il tempo determinato b) e conseguita l'abilitazione nazionale, l'Università può -e non deve- finalmente chiamare il non più giovane ricercatore come professore associato.
Gli anni di precariato del percorso pre-ruolo (tra assegni, contratti e TD) possono arrivare fino a dodici e alla fine di questo lungo iter non vi è per di più certezza di poter accedere ad un ruolo accademico stabile.
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L'inserimento in "coda" delle graduatorie ad esaurimento è illegittimo. È questo in estrema sintesi il contenuto della Sentenza 41/2011 del 7 febbraio della Corte Costituzionale.
È l'ennesimo capitolo dell'annosa vicenda degli inserimenti in coda o a pettine nelle graduatorie provinciali dei docenti precari che avevano chiesto il trasferimento di iscrizione in ulteriori tre province.
La Consulta dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 4-ter, del decreto legge 25 settembre 2009, n. 134 in quanto viola, tra gli altri, l'articolo 3 della Costituzione (principio di uguaglianza).
Sul nostro sito un approfondimento e il testo della sentenza.
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Il Comitato direttivo nazionale della FLC CGIL del 25 e 26 gennaio 2011 ha approvato un ordine del giorno per dire no a questa società che controlla le persone e soprattutto le donne attraverso il loro corpo, che propone un prototipo di perfezione fisica come unico mezzo per ottenere il successo, che sfrutta continuamente l'immagine e il corpo femminile. Scarica il testo del documento.
Con questo documento, le donne e gli uomini del direttivo nazionale della FLC CGIL vogliono difendere l'immagine del nostro Paese nel mondo perché l'Italia merita di recuperare la credibilità e la dignità che la sua storia e la sua cultura le hanno consegnato.
Con questo documento, le donne e gli uomini della FLC CGIL dicono al Presidente del Consiglio che deve dimettersi per indegnità morale e per liberare il Paese da una guida imbarazzante.
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