Siamo rimasti tutti attoniti di fronte alla crisi del governo Prodi, non solo perché molti di noi sono elettori del centrosinistra ma soprattutto per i rischi che una nuova fase di instabilità politica comporta per i lavoratori che rappresentiamo in particolare per i più deboli, i precari. Le nuove opportunità che la finanziaria ha offerto anche grazie alle nostre battaglie autunnali e i rischi evitati (vedi in particolare la scongiurata cancellazione delle graduatorie permanenti) sono solo una piccola parte del lavoro necessario a cancellare la piaga della precarietà dai settori della conoscenza. Perché se è vero che il sindacato prima di tutto riesce a tutelare i suoi iscritti siglando buoni contratti, senza una risposta in termini di nuove risorse e nuovi strumenti legislativi la maggior parte dei lavoratori che oggi sono precari continueranno ad esserlo domani.
E allora un governo con un programma che pone al centro il superamento della precarietà è senza dubbio meglio di uno istituzionale eletto dal parlamento solo per fare una nuova legge elettorale e riformare le pensioni.
Ci aspettiamo nei prossimi giorni che gli impegni assunti nei confronti degli elettori ad iniziare dal superamento della precarietà e dagli investimenti nei settori della scuola, della ricerca e dell’università vengano posti al centro dell’agenda, diversamente da quanto è stato fino ad oggi.
Il sindacato, come sempre, farà la sua parte e sarà in campo con le proposte, le iniziative e se necessarie le mobilitazioni come dimostra da ultimo la vertenza nazionale che abbiamo aperto contro l’esclusione delle università dalle norme sulla stabilizzazione contenute nella finanziaria e la prevista iniziativa nazionale a Roma.
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