Il 28 maggio 2008 si è svolto l’incontro tra le organizzazioni sindacali e il Ministro Brunetta sul "Piano industriale" per la Riforma della Pubblica Amministrazione.
La CGIL ha posto subito una questione di metodo in quanto la parte pubblica ha preteso che partecipasse all’incontro solo la confederazione e non le categorie.
Qualcuno ha cercato di far passare la scelta della CGIL di alzarsi subito dal tavolo come la solita posizione pretestuosa ed estremista. Non è ovviamente così. Non si è mai visto nella storia delle relazioni sindacali che sia la controparte a definire la composizione della delegazione che rappresenta i lavoratori e, inoltre, quel metodo è lo specchio di una questione di merito. Infatti nel piano anticipato da Brunetta i problemi di efficienza e produttività vengono imputati al ruolo eccessivo della contrattazione collettiva che andrebbe ridotto a vantaggio della legge.
Un passo indietro di 20 anni rispetto alla scelta di valorizzare il contratto nel pubblico impiego sulla strada di una uniformità tra le condizioni e le opportunità tra lavoratori del pubblico e del privato.
L’attacco al contratto è l’attacco al sindacato. L’attacco al contratto serve per rafforzare una dimensione del potere nella pubblica amministrazione di stampo pre-moderno. Il paradosso è che mentre da una parte il datore di lavoro pubblico viene apparentato, per evocare una presunta necessità di efficienza, all’impresa, dall’altra le soluzioni che si prospettano sono una nuova legificazione del rapporto di lavoro che rafforzerebbe solo le clientele e il ruolo della politica sull’impiego pubblico.
Tutto questo, ovviamente, mentre si prospettano tagli ulteriori e riduzione delle assunzioni senza particolari differenze tra i settori della PA. Una miscela esplosiva che rischia di produrre una frattura difficilmente sanabile tra parti sociali e governo, quindi l’apertura di una inevitabile stagione di conflitto.
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