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Anno II n. 34 del 24 maggio 2006
   
Notizie
   
Agenda
 

Il successo del Social Forum di Atene

Con un successo al di là delle previsioni si è svolto ad Atene tra il 4 e il 7 maggio il IV Social Forum Europeo.

I media italiani hanno dato risalto solo agli scontri che nella giornata del 6 maggio sono avvenuti durante la manifestazione contro la guerra. Ma la manifestazione, nonostante le provocazioni di piccoli gruppi, non è degenerata, anzi, lo dimostra la partecipazione di più di 150.000 persone.

Anche i vari momenti del meeting hanno visto grande partecipazione. Significativa la presa di contatto con le realtà dell’Est Europeo, che era uno degli obiettivi del forum. Efficiente ed efficace la traduzione in ben cinque lingue assicurata dall’ormai insostituibile collettivo Babels.

L’assemblea conclusiva, con più di 1.500 persone presenti, ha assunto importanti decisioni sulla Carta europea, sui servizi pubblici, sull’educazione, sulla lotta contro la precarietà e sulle mobilitazioni contro la guerra. Ma non sulla sede del prossimo social forum: caduta la candidatura di Berlino, per problemi organizzativi, si parla di Bruxelles. La decisione la prenderanno le prossime assemblee organizzative.

 

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Un network permanente europeo dell’educazione

Un buon contributo al Social Forum di Atene in termini di contenuti e sicuramente anche di organizzazione è stato dato dal “Network sull’educazione” che ha visto a confronto movimenti e sindacati in otto seminari e un’assemblea generale del settore e che è stato ben coordinato dal rappresentante della FSU (Francia) e ben organizzato da quello dell’OLME (Grecia). L’assemblea del network, dopo la sintesi del lavoro dei seminari e gli interventi, ha approvato un appello.

Riconfermando le analisi sui processi neoliberisti in atto e sulla loro incidenza nelle misure in corso di attuazione in Europa (Bolkestein, Bologna, Lisbona ecc.) il documento impegna i partecipanti a mantenere e ad allargare il network costituitosi ad Atene e chiama a una settimana di mobilitazione per il mese di novembre, congiunta con la scadenza della giornata di lotta studentesca già decisa per il 17 novembre.

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Non-solo-bolkestein: sfida all’agenda neoliberista sui servizi pubblici

Una sfida all’agenda neoliberista. E’ questo il senso della delibera dell’assemblea sui servizi pubblici al Social Forum di Atene.

Partendo dalla denuncia di Gats, Bolkestein ma anche dei singoli piani nazionali l’assemblea ha avanzato la rivendicazione all’Unione Europea di difendere il “Modello Sociale Europeo”. Ma soprattutto si è data alcune scadenze organizzative: costruire una rete europea dei servizi pubblici, avviare una campagna per costruire in ogni paese un coordinamento nazionale per i servizi pubblici, convocare il 27 ottobre, alla vigilia della convenzione europea delle autorità, una riunione a Ginevra per decidere su una giornata di mobilitazione europea e la convocazione nel 2007 del primo forum europeo dei movimenti sociali sui servizi pubblici.

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Contrattazione in Norvegia: tutto il mondo è paese

Vi ricordate le polemiche sul salario alla produttività e su quello tabellare del nostro rinnovo contrattuale, finito poi in un aumento per tutti e una parte finita nel fondo di istituto? In Norvegia ci vanno più sul pesante! Tanto che i sindacati norvegesi il mese scorso hanno rotto le trattative per il rinnovo contrattuale.

Anche nella scuola norvegese esistono infatti due livelli di contrattazione, uno nazionale e uno con le amministrazioni locali. La parte governativa a fronte di un aumento complessivo del 2,5% vorrebbe imporre un 1% contrattato a livello nazionale per tutti e un 1,5% negoziato a livello locale, mentre finora non più del 20% degli stipendi erano oggetto della negoziazione locale, la quale riguarda attività aggiuntive e compiti specifici che ampliano la funzione docente.

Sul piano normativo la parte governativa vorrebbe imporre un salario calcolato solo in base all’orario di lavoro, contro la tradizionale separazione in base ai diversi anni di formazione.

Si tratta di due misure, sottolineano i sindacati norvegesi, che si scaricherebbero soprattutto sulla parte femminile della categoria, più in difficoltà di quella maschile ad assumere impegni extra curricolari e tempi di lavoro più lunghi. Va notato che nel caso norvegese la controparte è un governo di centro-sinistra rosso-verde (laburisti, centro rurale e sinistra socialista).

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Spagna: la Fete-Ugt festeggia il 75° compleanno

La Federacion Espanola de los Trabajadores de la Ensenanza (FETE) aderente all’UGT (la confederazione di ispirazione socialista), insieme a Comisiones Obreras e STES uno dei principali sindacati spagnoli della scuola, ha compiuto in questi giorni 75 anni. E’ il sindacato più vecchio della scuola spagnola. Nel 1932 raccoglieva 6.000 iscritti, ma era comunque più debole della moderata Asociaciòn Nacional de Magisterio che ne raccoglieva 20.000 e anche dei sindacati dei minatori, dei braccianti, dei muratori e dei metallurgici che componevano il grosso dell’UGT. Un ramo secondario del sindacalismo, ma che all’epoca della guerra civile, nell’impeto dello scontro e della polarizzazione del paese, raggiunge i 30.000 affiliati. Ed infatti la FETE come gli altri sindacati assume pochi mesi dopo il pronunciamento militare ruoli di comando politico e di organizzazione delle milizie popolari.

Con la sconfitta della Repubblica la FETE si riorganizza nell’esilio, mentre il lavoro clandestino all’interno non dà grandi risultati. Nel frattempo, alla fine degli anni Cinquanta, sorge il fenomeno delle Comisiones Obreras, per il quale la corrente comunista abbandona la FETE. Questa assenza dall’interno del paese costituirà uno svantaggio per la FETE, che riorganizzerà le sue adesioni interne solo dopo la morte di Franco. Un handicap che pesa ancora oggi nel confronto con le altre due federazioni, nonostante i 65.000 iscritti attuali, ma a cui la FETE fa fronte con il suo programma, che definisce riformista e federalista, e con l’orgoglio di avere tra i suoi iscritti il primo ministro Zapatero.

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Una scuola alla fine del mondo

C’era una volta una scuola così a sud, ma così a sud che era più a sud del Polo Sud. Potrebbe cominciare così, parafrasando un vecchio film, il racconto dell’esperienza unica che riguarda sette alunne e alunni, fra i 6 e i 14 anni, e due insegnanti che frequentano la scuola più meridionale del mondo. La scuola è la F50 di Villa de las Estrellas, sull’Isola di Re Giorgio, in piena Antartide cilena. La scuola è sorta 21 anni fa come supporto a una base aerea cilena ed ha visto passare un centinaio di alunni e almeno 20 insegnanti. Il concorso per accedere all’insegnamento in un posto del genere è particolare, sia dal punto di vista delle qualità fisiche (la temperatura media annua è –5°) che professionali (si tratta di pluriclassi ad educazione personalizzata e la conoscenza di Internet è decisiva), ma l’esperienza, possiamo crederlo, è unica al mondo.

Lo stesso vale per i ragazzi: a parte gli aspetti più teorici dell’apprendimento e il molto lavoro su internet, si cerca di sfruttare l’unicità di questa esperienza dal punto di vista geologico e zoologico. Le relazioni sono limitate con i pochi coetanei e con gli adulti presenti nella base. Uscite ed escursioni sono condizionate dalle condizioni atmosferiche: visite alle “pinguineras” o ai ghiacciai, qualche volo con i piccoli aeroplani nelle basi “vicine” o a seguire le rotte di foche e balene. Qualche ricaduta psicologica per la mancanza di luce nell’inverno antartico e una lunga preparazione al rientro, dove troveranno classi più grosse e un apprendimento non personalizzato. Per il resto il tempo per studiare certamente non manca.

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La scuola privata in Cina

Tra i nuovi processi introdotti dal cosiddetto “mercato socialista” cinese era evidente che non potesse mancare l’introduzione e la crescita della scuola privata. Si calcola infatti che ad oggi in Cina operino più di 70.000 istituzioni scolastiche private che coinvolgono 14 milioni di studenti, un milione e mezzo dei quali in corsi universitari o superiori. I valori assoluti appaiono ridimensionati quando si riportano a quelli relativi: questa cifra è infatti pari al 3% del totale degli studenti cinesi, ma comunque è ragguardevole, date le condizioni del paese. Le scuole private si concentrano soprattutto nelle grandi città e le loro rette in molti casi non arrivano a 100 euro annui, ma ve ne sono anche alcune di élite le cui rette si calcolano nell’ordine dei 5.000 euro per la primaria e di 9.000 euro per un liceo.

Molte università straniere inoltre sono entrate nel paese grazie ad accordi di cooperazione firmati con scuole private locali, un mezzo spesso usato per attrarre clienti, vista anche l’ambizioni di molti cinesi di andare a studiare all’estero.
Le scuole private non sono finanziate dal governo, ma loro presenza ha messo in luce le inefficienze di quelle pubbliche ed è nata tra i due settori una certa competizione, che a sua volta ha messo in luce le differenze sociali. Ma anche nelle scuole private sono frequenti lamentele per l’alto prezzo delle rette e per la bassa qualità e l’irregolarità delle lezioni.

Il governo pare tuttavia intenzionato a continuare a rivolgere la sua attenzione al settore pubblico. In Cina l’istruzione è obbligatoria e gratuita per 9 anni, ma le famiglie devono pagare libri e trasporti e talvolta anche acqua e elettricità. C’è ancora un 10% che evade l’obbligo. Soprattutto nelle aree montuose, nel Kansu e nel Tibet, molti ragazzi non frequentano la scuola secondaria e talvolta neppure quella primaria. Nel 2003 la spesa per la scuola rappresentava il 3,41% del PIL. Per quest’anno Pechino si è impegnata a dare i libri gratis nelle aree più povere e promette di estendere la misura a tutto il paese nel 2007.

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Appuntamenti

 

Referendum Riforma Costituzionale
Il 25 e 26 giugno
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