“Scuola politica e pedagogia nella seconda metà del novecento” Pieno successo dell’iniziativa di presentazione del libro
Sala piena ieri sera alla libreria Bibli di Roma alla presentazione del libro di Alberto Alberti e Paolo Cardoni “Scuola politica e pedagogia nella seconda metà del ‘900”( ed. Valore scuola, Roma 2004)
Sala piena ieri sera alla libreria Bibli di Roma alla presentazione del libro di Alberto Alberti e Paolo Cardoni “Scuola politica e pedagogia nella seconda metà del ‘900”( ed. Valore scuola, Roma 2004).
Alla presenza degli autori. Franco Frabboni, Simonetta Fasoli e Marco Rossi Doria, coordinati da Ermanno Detti, hanno offerto tre chiavi di lettura del testo che ripercorre l’esperienza di Alberti da semplice maestro elementare nella lontana Sicilia degli anni cinquanta a direttore didattico a ispettore ministeriale fino al 1999.
Frabboni ha scomposto l’esposizione del libro in tre parti: il periodo delle esperienze iniziali, politiche e pedagogiche, il periodo della rivista Riforma della Scuola e delle sperimentazioni didattiche e riformatrici degli anni settanta e ottanta e il periodo degli anni novanta.quando sembrarono arrivare a compimento le ipotesi riformatrici con la riforma elementare, la sperimentazione Brocca e poi la riforma Berlinguer. Del primo periodo è stata messa in luce la dimensione “eroica” di un ambiente dove non era facile dirsi di sinistra e dove persino promuovere la scuola tra le classi povere poteva sembrare sovversivo (utile contrappunto in questo senso poi l’intervento dal pubblico di Carmelo Maniaci, già dirigente ministeriale, che ha ricordato la comune provenienza siciliana e popolare). Del secondo periodo, definito della riforma strisciante, si è sottolineato il ruolo di un gruppo di 13 ispettori impegnati nella promozione delle sperimentazioni educative e di cinque modelli sperimentali che hanno in qualche modo trasformato dal basso la scuola italiana Del terzo l’esperienza del tentativo di riforma , definita “senza autori né padri”., attuato dal Ministero Berlinguer .
Simonetta Fasoli ha riscontrato nel libro piuttosto sensatezza e speranza e la possibilità di fare autobiografia concepita come recupero della soggettività nel momento in cui invece si vorrebbe dare per scontato e oggettivo lo stato di cose presenti, perché i soggetti non si mercificano e per mercificarli bisogna farli diventare oggetti. E ha trovato la vera titolarità del potere sulla scuola italiana nei caratteri fondanti della sua esperienza storica, nel policentrismo, nella democrazia, nella solidarietà, nella giustizia sociale non nel governo, nel mercato, nell’economia e neppure nella famiglia, concepita in modo particolare ed angusto. La scuola emerge nel libro come sistema di rapporto tra le generazioni, come polis, come cosmo, dentro al quale si gioca anche il rapporto tra insegnante e sapere, un rapporto non ineffabile ma che non può neppure ridursi a standardizzazioni, così come nel libro la storia istituzionale, quella delle organizzazioni culturali e l’autobiografia si intrecciano, ma è quest’ultima che dà vitalità al resto.
Marco Rossi Doria ha ringraziato gli autori perché il libro rappresenta una boccata di ossigeno in un brutto momento in cui sembra che le cose debbano per forza andare così, in cui tra gli insegnanti sembra prevalere una deriva impiegatizia e in cui c’è uno scontro evidente tra scuola e famiglia, soprattutto nella sua esperienza di maestro di strada che ha di fronte certe famiglie, che sono famiglie anch’esse. Nel libro ha riscontrato molte cose: la biografia, la didattica, i richiami a Dewey, Freinet, Ciari, la capacità di trovare alleanze anche nelle “brave persone” anche se non esattamente dalla propria parte, la materialità dell’essere docente e della scuola come terra di mezzo tra la famiglia e la società. Ma ha riscontrato anche la frattura nell’esperienza ( cronologicamente nel 1974-75) quando si lasciò l’approssimazione artigianale per puntare al ragionamento di sistema, senza considerare che le esperienze non potevano andare a sistema senza la partecipazione degli insegnanti, mentre non tutti gli insegnanti erano disposti a partecipare.
Nelle risposte al dibattito che è seguito alle tre illustrazioni Alberto Alberti ha risposto all’obiezione ricordando come nel 1975 l’affermazione politica di molti candidati provenienti dalla scuola avesse dato l’illusione che da una pratica pedagogica relativamente isolata si potesse passare a una pratica politica su vasta scala. Ha poi sottolineato la difficoltà di definire come si relazionino competenze e efficacia dell’insegnamento, handicap insostenibile in un’epoca in cui si disprezza tutto ciò che non è misurabile. Ma infine ha ricordato come non esista solo la ricerca del piacere ma anche il piacere della ricerca.
Paolo Cardoni invece ha ricordato come le esperienze che hanno dato vita al libro e altre analoghe siano maturate in condizioni tutt’altro che auree, anzi proprio in condizioni estreme. Si tratta perciò di rivendicare una elaborazione che può servire a generalizzare le buone pratiche. Ha raccontato come è venuta l’idea del libro partendo da una ricerca sui diari scolastici dei maestri dell’agro pontino. Ed ha infine ricordato come un luogo dedicato alla possibilità di sviluppare anche praticamente questi studi, le SSIS, stia oggi sparendo in nome di una nuova formazione degli insegnanti più contenutista e disciplinarista.
Roma, 23 novembre 2004
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