25 novembre: violenza di genere. Il fenomeno sommerso dalle mille facce
La prossima giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne non può fermarsi alla statistica dei femminicidi. Siamo una società che arretra sui diritti civili di uguaglianza.
È stato sicuramente, il 2018, un anno molto complicato sul tema delle questioni di genere: l’ondata planetaria del #MeToo ha aperto la strada ad una reazione massiccia delle donne sul tema delle violenze, sconfinando in una realtà che va ben oltre le mura domestiche.
Le denunce hanno raccontato storie di ricatti e minacce nel mondo del lavoro, sottomissioni a logiche padronali, concessioni sessuali mortificanti cui sono sottoposte le donne in nome di una subalternità che le vede dipendere da poteri esclusivamente maschili.
Se i dati Istat ci riportano un numero minore di femminicidi e di stupri, sono in forte aumento i casi di maltrattamento familiare, i reati di stalking e di sfruttamento anche minorile; è vero che le azioni di contrasto messe in campo spingono le donne ad acquisire maggiore consapevolezza, quindi a non soccombere, ma è altrettanto significativo registrare la diffusione di atteggiamenti prevaricatori, se non predatori, anziché di relazioni positive come vorrebbe la convivenza in una società evoluta.
E qui viene d’obbligo pensare alla modernità degli strumenti di partecipazione con cui si rimane connessi alla vita degli altri, fenomeno che chiama in causa l’uso delle tecnologie e le tanto ambite competenze digitali, ma che pare mettere in secondo piano l’educazione ad un linguaggio corretto e conforme alla potenza del mezzo.
Il sistema della conoscenza prende posizione, il 25 novembre e tutti gli altri giorni dell’anno, contro l’indifferenza con cui si considera “normale” il commento osceno, il doppio-senso volgare, o peggio, l’aggressione sessista, con cui si entra sul web, per condividere atti di violenza collettiva di cui le donne sono spesso vittime predestinate, con la loro libertà personale, intellettuale e di opinione.
Se alcuni protagonisti dell’attualità politica accentuano l’opera di denigrazione, perché incapaci di confrontarsi su altri piani, riportando a livello primordiale il consenso della massa, una netta opposizione deve venire dal mondo della scuola, attraverso la formazione dei ragazzi e delle ragazze sui valori fondamentali di una comunità civile. Deve indignare ogni esposizione e ogni provocazione al commento sessista, con la forza di una coscienza vigile e con la capacità di contrastare la cultura generale machista, i cui interpreti sono, trasversalmente, anche gli uomini che esercitano potere.
Diceva Rita Levi Montalcini in risposta alle offese infamanti ricevute nel luogo-simbolo della democrazia italiana: “A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse “facoltà”, mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria”. Un simbolo di donna, per tutte le piccole e grandi studentesse libere di sognare un futuro di autodeterminazione.
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