La scuola italiana piange Giuseppe Chiarante
Tra il 1960 e il 1990 fu tra gli ispiratori della politica scolastica del PCI e tra i padri del modello unitario del biennio iniziale della secondaria superiore.
È deceduto ieri, proprio nel giorno del suo 83° compleanno, Giuseppe Chiarante. Attivo nella sinistra cattolica negli anni del dopoguerra, lasciò la DC nel 1955, praticamente destituito nelle sue cariche all'interno dell'organizzazione giovanile democristiana da Fanfani, che vedeva in quel gruppo di giovani dossettiani (di cui facevano parte anche Lucio Magri, Ugo Bartezzaghi e il futuro corsivista de l'Unità Fortebraccio, al secolo Mario Melloni) un pericoloso nido di rivoluzionari filocomunisti, e si iscrisse al PCI nel 1958, in un periodo in cui, dopo l'Ungheria e il XX Congresso del PCUS, era più frequente uscire che entrarvi, soprattutto per dei giovani di formazione cattolica.
Più volte parlamentare nel PCI e poi nel PDS, lavorò soprattutto alla sezione economica e fu anche direttore di Rinascita e di Critica Marxista. Naturalmente sensibile alla questione del rapporto con i cattolici fu noto anche per le sue posizioni non conformiste che si espressero nel voto contro la radiazione del gruppo del Manifesto (col quale, una volta stemperate le polemiche, riprese a collaborare), nella resistenza al cambiamento del nome del partito dopo la Bolognina ed infine nel dissenso verso l'appoggio dato dal PDS alla guerra in Kosovo. Quest'ultima scelta lo portò ad abbandonare il PDS per impegnarsi nell'Associazione per la Rinascita della Sinistra insieme ad Aldo Tortorella.
Ci piace ricordarlo soprattutto per il suo impegno nel campo delle politiche scolastiche: dal convegno sulla scuola del PCI nel 1972 al disegno di legge del PCI sulla riforma della secondaria superiore del 1987, Giuseppe Chiarante fu, se non il padre, uno dei padri del biennio iniziale unitario della secondaria superiore come ambito di sviluppo dell'innalzamento dell'obbligo scolastico a 16 anni, modello che ispirò gran parte delle sperimentazioni sia autonome che ministeriali (Brocca, Progetto 92), nonché le parziali riforme degli ordinamenti degli anni novanta (poi tradite dai ministeri berlusconiani), e che resta un caposaldo della nostra idea di scuola secondaria superiore anche con l'obiettivo dell'innalzamento dell'obbligo a 18 anni.
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