Il piano di ripresa e resilienza (Pnrr) destina 5 miliardi di euro alle investimenti andranno sulle infrastrutture e non a chi lavora al loro interno. A docenti e personale Ata la legge di bilancio del governo Draghi riconosce un aumento di soli 87 euro, e altri 12 solo a chi dimostrerà «dedizione». Gli stipendi resteranno tra i più bassi in Europa, 350 euro sotto la media. In 13 anni di blocco salariale hanno perso almeno il 20% del valore reale. E agli studenti il messaggio implicito è questo: a tutti quelli che non si iscriveranno agli istituti tecnici superiori (Its), dove il governo intende riversare 1,5 miliardi dal forziere del Pnrr, pazienza. Fare scuola è andare in una fabbrica di precariato. In tutti i sensi, a cominciare dalle condizioni in cui si vive in classe. Ieri, hanno fatto sapere gli studenti della Rete della Conoscenza, decine di scuole sono state evacuate perché la temperatura al loro interno non superava i 18 gradi.
«RIVOLTA», la categoria impegnativa invocata dai sindacati della scuola per lo sciopero generale della categoria contro la manovra economica, si riferiva a questo mondo cupo e beffardo. Ieri sera giravano cifre basse sull’adesione allo sciopero indetto da molti sindacati (Cgil, Uil, Snals, Gilda, Anief, Cobas e Cub Sur, la Cisl si è sfilata): pare il 6%. Se fosse così, la bassa adesione allo sciopero andrebbe intesa non come una smentita delle ragioni dello sciopero, ma come parte del problema contro il quale ieri si invitava alla «rivolta»: la disillusione per il ruolo, l’idea che l’unica realtà è questa e l’istruzione non conta in un mondo orrendo. Per i sindacati sono «dati sottostimati, le scuole chiuse non comunicano i dati il giorno successivo e a noi risulta che siano tante. Dopo due anni di Covid non era scontato riprendersi le piazze e scioperare». Le manifestazioni sono state numerose: a Roma, Torino, Napoli, Palermo, Catania o Cagliari. Quello di ieri è stato il primo tempo dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil 16 dicembre.
»SULLA SCUOLA si disinveste – ha detto Francesco Sinopoli (Flc Cgil) -. Ci sono promesse che sono state disattese. Abbiamo condiviso un patto sull’istruzione che non è stato applicato e anzi si è andati nella direzione opposta. Sembra che sia il ministero dell’istruzione a decidere sulla scuola, bensì il ministero del Tesoro». «Il Piano di ripresa e resilienza avrà un impatto se risponderà alle esigenze vitali di chi lavora. Le sue risorse vanno inserite in maniera strutturale nel bilancio sull’istruzione e non restare una tantum. Sennò avremo nuove infrastrutture a tempo pieno, ma non sapremo come tenerle aperte. Verrà delegato al terzo settore. Il governo ha sbagliato tutto fino ad oggi. Questo sciopero è solo l’inizio della mobilitazione».
LA GESTIONE della nuova ondata del Covid ha sollevato critiche. Per i sindacati il protocollo sicurezza per il monitoraggio non funziona. «Ci sono provvedimenti contraddittori e assurdi – sostiene Piero Bernocchi (Cobas) da un lato allenta le misure anticovid nelle scuole (distanziamenti, tracciamenti, quarantene) dall’altro impone la vaccinazione obbligatoria per una categoria che è già vaccinata al 95% e lavora in presenza con una massa di persone, studenti e studentesse, non vaccinate né controllate. Vaccini e sospensione dei brevetti sono molto importanti, anche se non unici per combattere la pandemia, ma l’obbligo vaccinale è un errore, visto che viola il diritto al lavoro e al reddito mentre se lo si volesse applicare agli studenti violerebbe il diritto all’istruzione”.
VA RICORDATO che le rivendicazioni dello sciopero non hanno mai ricevuto una risposta già dal governo precedente «Conte 2». «Servono – ha ribadito Alfonso Natale (Cub sur) – efficaci misure di contenimento quali presidi sanitari permanenti nelle scuole, valide misure di protezione individuale e distanziamento, sanificazione e ventilazione forzata degli ambienti, tutele per studenti e lavoratori fragilì».
«ABBIAMO manifestato con i sindacati- ha detto Ludovico Ottolina (Uds) – contro un ministro come Bianchi che pensa di mandare studentesse e studenti in azienda già alle elementari ma non fa nulla riguardo alle classi pollaio e il benessere psicologico. È il fallimento di un sistema pedagogico che sta divenendo sempre più succube alle esigenze del mercato, non fornendo strumenti per un pensiero critico e distrugge il ruolo trasformativo della scuola».