Ricambio d'aria contro il Covid, le scuole ferme alle finestre aperte
Studio multidisciplinare sulla ventilazione
CArlo Forte
Scarsa ventilazione delle aule e sovraffollamento rischiano di aumentare le occasioni di esposizione per via aerea di studenti e docenti a SarsCov2 e i rischi di contagio. Soprattutto nei mesi freddi invernali. Eppure, la ventilazione meccanica delle scuole continua ad essere la Cenerentola dei fattori tecnici per una ripartenza in sicurezza delle scuole. Nei gironi scorsi un studio multidisciplinare sui meccanismi e sul ruolo di trasmissione in aria del covid-19, condotto a Venezia-Mestre e a Lecce dal Cnr, dalla Ca' Foscari Venezia e dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, pubblicato sulla rivista scientifica Environment International, ha evidenziato un rischio maggiore di probabilità di trasmissione in aria del contagio in ambienti indoor di comunità scarsamente ventilati, «dove le goccioline respiratorie più piccole possono rimanere in sospensione per tempi più lunghi ed anche depositarsi sulle superfici», spiega Andrea Gambaro della Ca' Foscari.
«È quindi auspicabile mitigare il rischio attraverso la ventilazione periodica degli ambienti, l'igenizzazione delle mani e delle superfici e l'uso delle mascherine». «Abbiamo già sottolineato più volte che le scuole sono gli unici ambienti a elevato e prolungato affollamento che, almeno nella maggior parte dei casi, sono privi di impianti di ventilazione», osserva Filippo Busato, presidente di Aicarr (associazione italiana condizionamento dell'aria, riscaldamento e refrigerazione). «L'apertura delle finestre, di cui sentiamo spesso parlare in relazione alla riduzione del rischio di diffusione del SarsCov2 nelle scuole, è una soluzione di emergenza che rischia di non essere in grado di garantire la salubrità e il comfort dell'ambiente, né tanto meno di coniugarli con l'efficienza energetica».
Gli impianti di ventilazione meccanica negli edifici scolastici, concorda il Consiglio nazionale degli ingegneri, sono imprescindibili, al pari della sicurezza antincendio o antisismica. Interventi che si sarebbero già dovuti affrontare «qualche mese fa, prima dell'arrivo dell'inverno», chiosa Busato. Perché «non è possibile realizzarli in poche settimane»: «servono investimenti, tempo e soprattutto una buona informazione al di là dell'emergenza sanitaria di questo periodo».
Lo sa bene la Germania che ha annunciato di voler investire 500 milioni di euro sull'adeguamento degli impianti e l'adozione di nuovi sistemi che contribuiscono a contrastare con forza il contagio da coronavirus. «Avevamo chiesto di provvedere a sistemi di areazione degni di questo nome, ma nessuna risposta», sottolinea Antonella Giannelli, il presidente dell'associazione nazionale presidi (Anp). «Quindi adesso bisogna fare i conti con la realtà. I locali vanno areati ed in Italia l'unico sistema per farlo è aprire le finestre».
Insomma, in classe con il cappotto. «Il Recovery Fund», prosegue, «essendo destinato ad interventi di tipo strutturale potrebbe essere usato in Italia per questo: l'areazione di 400mila aule. Nel frattempo è importante che il Cts definisca meglio in vista del freddo quali sono i parametri di riferimento per l'identificazione di tempi e modalità di aperture delle finestre nelle classi». Per i presidi andrebbe fatta nelle singole scuole una stima quantitativa che varia da aula ad aula per il ricambio dell'aria, attraverso la declinazione di parametri oggettivi. «Invece siamo alle libere interpretazioni», conclude Giannelli.
Dal ministero dell'istruzione finora solo un'apposita faq in cui, chiarendo le indicazioni del Cts riportate nel verbale del 12 agosto, evidenzia «la necessità di assicurare l'aerazione dei locali in cui si svolgono le lezioni, avendo cura di garantire periodici e frequenti ricambi d'aria». Eppure, sulla qualità dell'aria indoor delle aule scolastiche anche la Sima (Società italiana di medicina ambientale) «aveva proposto delle specifiche raccomandazioni condivise dalla cattedra Unesco per l'educazione alla salute e lo sviluppo sostenibile», ricorda il presidente Alessandro Miani. Installando, ad esempio, termostati che consentano di vigilare sulla temperatura e grado di umidità dell'aria indoor, o filtri certificati per la decontaminazione dell'aria, in grado di eliminare microrganismi e virus fino a 0.1 micron di diametro e già utilizzati in contesti sanitari.
E la questione è nota anche al ministero della Salute che sul proprio sito pubblica un documento pubblicato di un anno fa dal Gard (Global alliance for respiratory diseas) dove si evidenzia che le strutture scolastiche italiane rivelano «numerose criticità di qualità dell'aria indoor» e che mancano «una normativa organizzata e aggiornata volta a disciplinare i requisiti tecnici e funzionali degli ambienti scolastici» e «una chiara regolamentazione sull'attribuzione di compiti e responsabilità».