La corsa con regole ingiuste per diventare professori
Eugenio Mazzarella
Sono uscite le mediane per l'accesso alle abilitazioni nazionali a professore universitario per i settori umanistici, non bibliometrici, come si dice, dopo che a Ferragosto erano uscite quelle per i settori «scientifici», bibliometrici per definizione secondo Miur e Anvur. Fosse vivo,T.S. Eliot oggi scriverebbe che non è aprile il più crudele dei mesi, ma per i professori universitari agosto, con i suoi colpi di sole. Se le mediane per i settori non umanistici, bibliometrici, già evidenziavano l'irragionevolezza del criterio delle mediane per accedere all'abilitazione, sia per entrare nelle liste degli aspiranti commissari, sia per presentarsi come candidati, con le mediane per gli umanisti siamo al paradosso. Ne emerge la seguente situazione di fondo. I valori mediani di produttività negli ultimi dieci anni risultano del tutto disparati tra settori concorsuali: per le monografie da 0 a 4, per articoli su riviste e capitoli di libri da 9 a 28, per i famigerati articoli su riviste di fascia A, di eccellenza per così dire (eccellenza la cui determinazione è del tutto opinabile e in alcuni casi veramente incomprensibile) la mediana generalmente è 1, in pochi casi 2, spesso 0. Ma su quest'ultima mediana tornerò. La stessa disparatezza delle mediane, una disparatezza di produttività quantitativa, fa capire che le produttività medie, al di là di quello che c'è scritto nei prodotti, non misurano niente di rilevante da un punto di vista statistico, se per essere valutato come professore di X ho bisogno di 4 monografie e come professore di Y di zero. Almeno per il settore a zero vorrebbe dire o che la mediana è incongrua o che bisogna «chiudere» la disciplina. Probabilmente è semplicemente «misurata» male. Ma vado subito ad un effetto abnorme. Prendo ad esempio il settore di filosofia teoretica, 11/c1. Sono richieste in alternativa, ne basta una di mediana, per candidarsi a commissario o a abilitando, nei dieci anni o 4 monografie, o 20 articoli su rivista e capitoli di libro, o 1 articolo in rivista di fascia A. Mi limito ad un'osservazione banale. Se la terza mediana è «uno», vuol dire che è del tutto insignificante: sulle riviste di fascia A scrivono solo i gruppi che vi partecipano per affiliazione accademica, cioè ad esempio 5 colleghi scrivono 5 articoli sulle «loro» riviste e su un settore di 25 colleghi, fa uno. La mediana non dice nulla di significativo sulla comunità scientifica, ma consente solo ad un pupillo della scuola che fa una rivista di fascia A di potersi presentare, mentre magari un non pupillo con dieci articoli e due monografie guarda con il naso all'insù il giovane dottorato con estratto di tesi su fascia A già valutabile. O un valente studioso cinquantenne con tre monografie e 19 tra articoli di riviste standard e capitoli di libri non può presentarsi. Così come potrà fare il commissario un ordinario che ha scritto un solo articolo in rivista di fascia A e null'altro, e non un collega che abbia le succitate tre monografie e 19 articoli e capitoli. Due notazioni di fondo, ancora. Se sono uno studioso cinquantenne in tal modo medianizzato, o mobbizzato, come si è sentito dire fosse necessario, nel caso su richiamato, mi può pure capitare di aver scritto una monografia che è stata un punto di riferimento per la disciplina 11 anni fa, ma non posso farmi valutare. E più in generale i candidati all'abilitazione che hanno superato le mediane sono per definizione, dal punto di vista assunto dall'Anvur, già migliori, quanto meno perché più produttivi delle migliaia di ordinari di ruolo che non potranno candidarsi a commissario, non avendo raggiunto le soglie delle mediane. il peso dei titoli Allora perché dovrebbero anche essere giudicati in un concorso per diventare di fatto semplici abilitati a un ruolo che altri da decenni coprono con titoli inferiori ai loro? Andrebbero promossi nel ruolo per il quale superano la mediana ipso facto, a rigor di logica e di giustizia, fatto salvo il dottorando di buona e potente scuola accademica con articoletto in rivista di fascia A. Ma ovviamente l'università italiana non è, pure con i suoi difetti, quella che emerge da queste mediane: un covo di inattivi, che in percentuali significative ma non alte certo ci sono, ma che non si scovano con questi mezzi, ma magari con una più incisiva normativa sul tempo pieno e sul tempo definito, su cui però Miur ed Anvur non si sono dimostrati fin qui particolarmente sensibili. Vorrei chiudere questa sconsolata nota d'agosto ricordando che in nessun posto del mondo si pre-giudica, con test di ammissione al giudizio, qualcuno a questo modo, per farlo diventare professore universitario. Dimenticavo: per tutti i settori giuridici, che hanno giustamente impugnato al Tar le mediane, e soprattutto la cosiddetta fascia A delle riviste, questa mediana è «abbonata», non è neanche zero, è abolita (magari poi ci spiegheranno la differenza tra mediana zero e mediana abolita): insomma quanto a mediazioni mediane siamo in Italia, bellezza! Onestamente sono senza parole. L'inconsapevolezza di tutta la criteriologia porta alla più piena irragionevolezza. Forse sarebbe il caso di chiedere scusa, come per i test del Tfa, e correre ai ripari.