A scuola senza albero e presepe ecco il nuovo Natale multietnico
In molti istituti con alunni stranieri. Ma è polemica: una forzatura . Pollice verso sia da cattolici che musulmani: non è utile rimuovere le diversità
Vera Schiavazzi
Le renne infiocchettate al posto del bue e dell´asinello, Babbo Natale sì, ma niente Gesù Bambino. È la scelta - già contestatissima - della maestre della scuola materna comunale di via delle Forze Armate a Milano, che hanno deciso di rinunciare alla tradizionale festa di Natale aperta alle famiglie e di "censurare" poesie e canzoncine a contenuto religioso. La spiegazione? «L´asilo è multietnico, molti bambini non sono cristiani e questo tipo di celebrazione rischia di discriminarli». Ma le mamme insorgono («la festa di Natale non faceva male a nessuno») e da Palazzo Marino l´assessore all´Istruzione chiede chiarimenti. Il problema si pone in tutta Italia, anche se non dappertutto le scelte sono così drastiche. I casi più recenti sono quelli di Varese, dove la dirigente scolastica di Cardano al Campo ha gentilmente ma fermamente impedito al parroco del paese di entrare nelle scuole per una benedizione natalizia, e di Livorno, dove alla scuola pubblica "Thouar" sono stati banditi tutti i canti a carattere confessionale.
Un grave errore, e non solo secondo i cattolici: «Quel che ci serve - spiega Ugo Perone, docente di Filosofia delle religioni all´Università del Piemonte orientale e inventore, negli anni Novanta a Torino, di uno dei primi "calendari multietnici" - è una cultura dell´accoglienza, non la rimozione di aspetti autentici e profondi come il cristianesimo è tuttora in Italia. Non è così che si diventa più tolleranti, serve semmai che nelle scuole tutti conoscano la storia e il significato delle principali ricorrenze religiose di tutte le comunità effettivamente presenti in quella realtà». Inutile anche far sparire i presepi, col loro corredo di simboli e statuine: a Verona, dopo un Bambin Gesù dalla pelle nera, a Palazzo di Giustizia sono apparse quest´anno anche le panchine anti-bivacco nel paesaggio dedicato alla Natività, «perché il Natale deve anche far riflettere», come ha spiegato Mario Giulio Schinaia in quella che molti hanno letto come un aperto dissenso col sindaco leghista della città Flavio Tosi. E i primi a non sentire il bisogno di cancellare la festa e le tradizioni cristiane sono, del resto, proprio gli esponenti delle comunità musulmane. «Per noi - spiega Yunus Distefano, portavoce nazionale della Coreis (Comunità religiosa islamica italiana) - il Natale è un´occasione di scambio e di conoscenza reciproca. La mente dei bambini delle scuole è aperta, ed è bene che resti tale, senza creare barriere inutili. Troppo spesso poi si dimentica che anche se per l´Islam Gesù non è il figlio di Dio, egli non è soltanto riconosciuto come profeta, ma come figura religiosa di grande rilevanza. Non siamo noi, insomma, a polemizzare contro il Natale a scuola. Se poi i bambini di origine cristiana impareranno che cos´è il Ramadan, tanto meglio». Un calendario multireligioso, analogo a quello in uso in alcune grandi scuole pubbliche americane, potrebbe essere il punto di arrivo del dibattito. Mariachiara Giorda, studiosa e docente di Storia delle religioni, aggiunge: «Fino a quando esisterà un calendario istituzionale che prevede la festa comandata ogni domenica, a Natale e a Pasqua, è fondamentale che tutti possano conoscere la realtà storica e religiosa del Paese. Ogni giorno spieghiamo che cos´è il Natale. Poi, a mano a mano che durante l´anno ci sono altre festività come il Ramadan occorre spiegare anche quelle: è un ottimo lavoro di integrazione e educazione interculturale, anche se non si può stare a casa a ogni occorrenza. Anche nel Nord Europa si fa così, mentre in Inghilterra si adotta il "sillabo di Bradford", una raccolta dei fatti culturali e storici più importanti di tutte le diverse fedi».