2013, gli studenti tornano all'università. Boom di iscritti dopo dieci anni di calo
Il picco al centro nord. Effetto del marketing degli atenei e del lavoro che non c’è
Corrado Zunino
ROMA
— Sorpresa, i nostri ragazzi tornano all’università. Dopo sei stagioni di crisi economica e dieci di progressivo abbandono del sapere d’eccellenza, quest’anno i dati mostrano una novità: la caduta verticale si è fermata. Di più, è iniziata la risalita. È una sorpresa confortante, anche per chi a lezione
non va più.
Questa settimana si sono chiuse le iscrizioni nelle nostre sessanta università pubbliche e nei politecnici di Stato.
Non tutto è definitivo: ci sono alcune proroghe, si attendono i risultati del ripescaggio bonus maturità, c’è chi pagherà la mora e si iscriverà in ritardo.
Ma se si fissano confini netti (la stessa data di iscrizione sia per il 2013 che per il 2012) e si interpellano gli uffici statistici degli atenei, si scopre con meraviglia che i maturati italiani stanno tornando a fare le matricole.
Repubblica
ha contattato i sessanta atenei e nell’arco di sei giorni ha ricevuto ventotto risposte (le università che mancano non avevano dati consolidati o avevano paura di renderli pubblici). Ne è venuto fuori questo quadro: su ventotto atenei, ventitré registrano una crescita di iscritti. Sono 5.246 matricole in più su una platea di 149.262 studenti. E i cinque atenei con segno negativo hanno deficit minimi: a Torino mancano 41 giovani (lo 0,3%) per pareggiare il 2012 e l’università è certa di una crescita finale. Così Firenze (-1,9% oggi), Siena (-2,3%) e L’Aquila con tutte le sue difficoltà (-2,3%). La continua caduta di Catania (-3,1% sul 2012, -8,1% su due anni fa) segnala invece
un allontanamento ulteriore delle grandi università del Sud (anche Bari e Palermo, pur non fornendo i dati, confermano ritardi negli iscritti). Il conteggio finale su questo spaccato rappresentativo di atenei certifica che le iscrizioni totali al primo anno crescono del 2,4%. Sì, incoraggiante dopo un -17% in una decade.
Se c’è un Meridione che si scolla
(cresce però l’Orientale di Napoli e il Politecnico di Bari registra un notevole +12,5%), quasi tutti gli atenei del Centro-Nord richiamano nuove iscrizioni. Le tre grandi scuole d’eccellenza di Milano (Statale, Bicocca e Politecnico), le tre di Roma (Sapienza, Tor Vergata e Roma Tre), l’Alma Mater di Bologna, la Ca’ Foscari di Venezia. Grandi contenitori di lezioni e crediti:
hanno dati in crescita. Sono in aumento le immatricolazioni nelle zone toccate dall’ultimo terremoto (Ferrara +4,9%, Modena-Reggio +1,8%), nelle città con i record di denatalità (Trieste +5%, Genova +2,3%), nelle lombarde Bergamo e Pavia. E un boom si segnala nelle piccole città del sapere nelle Marche, in Abruzzo, in Umbria, nel Lazio: Teramo quest’anno ha un ter-
zo di immatricolati in più, Macerata il 22%. Aumenti consistenti si osservano a Cassino e Urbino.
Al Politecnico di Torino, oggi, i fuori regione sono più dei piemontesi e ogni anno crescono gli stranieri. All’Università di Torino il corso di economia quintuplica gli iscritti e scienze dell’amministrazione online li quadruplica. Alla Statale di Milano scienze del farmaco ospita il 40% di studenti in più, scienze agrarie e alimentari il 33%.
Ci sono due elementi forti alla base della risalita universitaria: il marketing spinto che diversi atenei hanno messo in campo per attirare clienti e la crescita della disoccupazione. Da una parte gli sconti sulle rette di Sapienza e Ca’ Foscari, le borse di studio alle matricole di Pisa, dall’altra la mancanza di prospettive di impiego. Dice Andrea Cammelli, presidente del consorzio AlmaLaurea: «Con la disoccupazione giovanile oltre il 40 per cento un neodiplomato, sapendo che non troverà lavoro, intanto si iscrive all’università