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Manifesto: La scuola nemica

Alba Sasso

03/09/2010
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il manifesto

L'errore più grande è non prendere sul serio la ministra Gelmini. La conferenza stampa di ieri mattina, che "inaugura" il nuovo anno scolastico, somiglia molto più a una dichiarazione di guerra che non al solito messaggio tradizionale di ogni ministro, magari un po' retorico e buonista. La Gelmini non è quella delle mille immaginette portate in processione nei cortei, né la giovane laureata costretta a riparare in Calabria per conseguire la sospirata abilitazione. È quella che si vanta di aver impostato una «riforma epocale» della scuola, rivendicando con una certa sfrontatezza la coerenza della sua azione attuale con quelle dei suoi predecessori.
Va tutto bene. Le proteste dei precari sono solo politica, e per questo lei è ben decisa a non incontrarli. Gli investimenti ci sono, ed anzi aumentano, salvo specificare come e dove. Il tempo pieno non è diminuito, forse è aumentata la domanda, vedremo. E altre facezie. Il capo del governo fa scuola, naturalmente, nel creare una realtà virtuale perfetta. La realtà che le famiglie incontrano ogni giorno narra di un mondo diverso. I tagli non stanno incidendo solo a livello economico, stanno ferendo profondamente le vite degli altri. Di chi dopo anni di impegno e di fatica un lavoro non ce l'avranno più, e nemmeno un progetto di vita (mutuo, casa, famiglia), dei piccoli in crescita che impareranno di meno e peggio.
Togliere insegnanti, ridurre le cattedre, affollare all'inverosimile le classi , tagliare i fondi esplicita invece un piano scientifico di rinsecchimento della scuola pubblica, fino a devitalizzarla, riducendone le funzioni vitali. Il nemico è la scuola pubblica, il suo compito di fornire sapere e conoscenza per «non uno di meno». Il nemico è la scuola che costruisce uguaglianza e futuro. Il nemico è la fabbrica di cultura che ancora resiste, sopravvive nella riserva indiana della scuola, tiene vivo quello che è stato il suo ruolo negli ultimi 60 anni, fra mille contraddizioni: formare i cittadini della Repubblica. L'obiettivo è esattamente questo, smantellare la sua funzione storica, ridurla ad un'appendice di una scuola privata basata sul censo e sull'ignoranza, per formare sudditi del nuovo potere ed esegeti del pensiero dominante. Questo piano passa attraverso la distruzione della vita reale di migliaia di persone, certo. Ma cosa sono in cambio di una «rivoluzione epocale»?
Gli episodi di disperazione, di protesta estrema si moltiplicano, il rischio concreto è di tragedie del lavoro già avvenute e ormai quotidiane, nel nostro come in altri paesi. Perciò occorre stendere intorno alla scuola un cordone forte, ampio, unitario di solidarietà. E sollecitare l'impegno di forze politiche e sindacali per la crescita e lo sviluppo della scuola pubblica. Molte regioni stanno intervenendo a attivamente in questa battaglia. I ragazzi e le famiglie devono dimostrare che non sono spettatori di una corrida, ministra contro precari, ma protagonisti della vicenda.
La scuola sopravviverà alla Gelmini. Fra qualche tempo nessuno ricorderà più la sua «riforma epocale». Ma nell'attesa le vite di tante persone potrebbero spezzarsi ancora, sotto la sua azione sciagurata.


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