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Manifesto: Una comunità tra paura e rabbia

caso di Rignano Flaminio Quando la pedofilia approda in una scuola di provincia. E coinvolge le maestre

26/04/2007
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il manifesto

Dal carcere una delle maestre si difende: «Ma quale pedofila. Sono mamma e nonna e quello che mi sta succedendo mi sembra assurdo». Domani gli interrogatori nel carcere romano di Rebibbia Il giorno dopo gli arresti Allo stupore per l'inchiesta che coinvolge persone molto note in città, si aggiunge la volontà di sapere chi ha molestato i bambini
Eleonora Martini
Roma
«Orchi? Pedofili? Tutte assurdità. Sono una mamma e una nonna e mia nipote che ha cinque anni frequenta la "Olga Rovere". Sono stata io stessa a iscriverla a quella scuola. Mi sembra assurdo quello che mi sta succedendo. Ma come è possibile fare quello che hanno detto di noi? Uscire da scuola con i bambini per andare in quella casa, in un paese di poche migliaia di persone con il rischio concreto di poter incontrare i genitori dei bimbi». Non deve essere stata facile la prima notte nel carcere romano di Rebibbia della maestra Silvana Malagotti che ieri ha ricevuto la visita dell'avvocato, così come le altre cinque persone arrestate martedì a Rignano Flaminio con l'accusa pesantissima di violenza sessuale su bambini di 3 e 4 anni, alunni della materna in cui ha continuato a lavorare fino a poco prima. Proveniente da una delle famiglie più antiche, numerose e stimate del paese, vent'anni di insegnamento alle spalle e coordinatrice scolastica della ormai tristemente famosa scuola materna, la signora Malagotti, ha raccontato il suo legale Giosuè Naso, si è detta scossa e turbata ma «decisa e motivata a spiegare e respingere le terribili accuse». Lo farà durante gli interrogatori di garanzia che il gip della procura di Tivoli e il pm Marco Mansi che ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri di Bracciano e dal Ris di Roma, cominceranno quasi sicuramente domani. Qualche cella più in là nel reparto «nuovi giunti» della casa circondariale femminile, le altre due maestre della scuola, Marisa Pucci e Patrizia Del Meglio, e la bidella Cristina Lunerdi. Tutti sono in isolamento e i due uomini, il marito della maestra Del Meglio, Gianfranco Scancarello, stimato autore televisivo di programmi per ragazzi su Rai, Mediaset e Sat2000 (la tv della Cei) e docente all'università Cattolica, e Kelum De Silva, ex addetto a un distributore di benzina di origine cingalese, si trovano nel Nuovo complesso di Rebibbia.
Hanno dell'«incredibile» le accuse contenute nelle 59 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare, secondo l'avvocato Franco Coppi che difende Patrizia Del Meglio e suo marito. «Lei è da vent'anni maestra di scuola mentre Scancarello è un apprezzato autore di testi tv, hanno quattro figli e la loro unione è solida - ha dichiarato Coppi - è assurdo sospettarli di questi abusi». «Non dimentichiamo che poco tempo fa per un'analoga vicenda nel bresciano i presunti pedofili sono stati poi prosciolti», ha aggiunto l'avvocato che sollecita cautela in quanto «le denunce provengono da bambini di 3 e 4 anni facilmente suggestionabili».
Intanto nel piccolo paese, distante 40 chilometri da Roma, è stato un 25 aprile sotto i riflettori dei media. Qualcosa a cui gli otto mila abitanti non sono certo abituati e di cui tutti avrebbero davvero fatto a meno. Sia le famiglie dei bambini che hanno subìto violenze e che oggi chiedono solo di sapere «chi» ha commesso quelle brutalità inenarrabili, sia chi ha tentato in tutti i modi di mettere il silenziatore alla vicenda per difendere la reputazione del paese, a cominciare dal suo corpo insegnante e da quelle antiche e stimate famiglie.
La storia di Rignano è in questo senso emblematica e narra in qualche modo della paura che caratterizza la nostra società. Tutti hanno agito o non l'hanno fatto attanagliati, anche comprensibilmente, da questo sentimento. A cominciare dalle istituzioni scolastiche. Così il sacrosanto garantismo della direttrice scolastica Loredana Cascelli dell'istituto comprensivo «Olga Rovere» si è trasformato però in immobilismo. «Non condanno nessuno fino a sentenza definitiva - ha detto ieri - voglio ancora sperare che le persone coinvolte riescano a dimostrare la loro innocenza». Cascelli si dice poi «sconcertata dal fatto che bambini di diverse classi, con maestre che operano in diversi turni, possano essere stati portati ripetutamente fuori dall'edificio senza che nessuno se ne accorgesse».
Da parte loro, l'associazione e i legali delle famiglie hanno sempre chiesto la sospensione cautelativa delle insegnanti (di cui Cascelli conosceva i nominativi dal giorno del blitz dei carabinieri, il 12 ottobre scorso) per «incompatibilità ambientale» e per ristabilire un clima di serenità che si era alterato all'interno dell'istituto e che non permetteva all'intero corpo docente di svolgere al meglio il proprio lavoro. Una richiesta quindi non colpevolista, ma per certi versi garantista: a tutela sia dei bambini, anche quelli non coinvolti nella vicenda, che delle stesse maestre costrette a lavorare in un clima pesantissimo. Infatti per la prima volta la consueta recita natalizia si svolse lo scorso anno a porte chiuse per i genitori. Poco prima alcune insegnanti della materna avevano inviato una lettera alle colleghe delle elementari e medie chiedendo loro solidarietà alle maestre accusate e invitandole a non programmare attività extrascolastiche, come gite scolastiche e recite, per «far capire agli studenti il significato delle parole calunnia e falsità».
Allo stesso modo - per paura - molti genitori non hanno presentato denuncia subito, non hanno chiesto aiuto o si sono chiusi nel loro dolore ritirando i propri figli da quella scuola materna e da ogni altra. Un sentimento che perdura ancora dopo gli arresti: «L'istituto non è ancora sicuro per noi - spiega Arianna Di Biagio, vicepresidente dell'Agerif - e non lo sarà fino a quando non sapremo chi è stato a commettere le violenze che sono state accertate sui nostri figli, quanti sono coinvolti e perché sono stati coperti». Ed è ancora la paura a segnare l'assurda norma che vieta ai bambini su cui sono state accertate le violenze attraverso i referti medici e psicologici dei periti nominati dal tribunale di Tivoli, di iniziare un percorso di cura fino a quando non avrà inizio il processo. «Non capiamo questa assurda costrizione su bambini così piccoli che stanno malissimo - continua Di Biagio - questa è un'altra norma che andrebbe rivista e si potrebbe pensare magari a registrare le loro testimonianze». Anche perché, spiega, i piccoli che hanno subìto questi traumi tendono a rimuovere e dimenticare mentre nell'inconscio il loro trauma si consolida. L'Agerif chiede inoltre che per lavori così delicati, come quello degli insegnanti, si prevedano test psicologici da ripetere periodicamente in modo da monitorare la salute mentale del personale scolastico. Analisi che però di certo non potrebbero prevenire l'opzione criminale.


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