Cresce nelle università l'opposizione al DL 112/08
Si moltiplicano le iniziative, le assemblee e le prese di posizione contro il decreto Tremonti.
Negli ultimi giorni, man mano che il personale dell'Università ha preso conoscenza dei contenuti del DL 112, si sono moltiplicate le iniziative di discussione, di socializzazione, e i documenti che respingono la manovra di Governo sull'Università. La FLC Cgil ha indetto iniziative negli Atenei di Viterbo, Venezia, Ferrara, Bologna, Pisa, Urbino, Ancona, Roma Sapienza, Napoli, Benevento, in alcuni casi unitamente alle altre sigle sindacali; i Rettori dell'Abruzzo hanno convocato analoghe iniziative nelle tre Università della Regione, così come ad Udine e a Palermo. Altre iniziative sono in preparazione per i prossimi giorni.
Non torniamo sui contenuti del decreto, che sono oggetto di commento dettagliato sul nostro sito.
Il DL 112, una vera e propria Finanziaria di guerra, soprattutto per Università e Scuola, va collegato con il Disegno di Legge Finanziaria presentato alla Camera il 3 luglio. Il segno della manovra è netto: da una parte tagli pesantissimi e indiscriminati; una raschiatura del barile che esprime una totale indifferenza rispetto alle conseguenze sulle istituzioni interessate, e rivela l'assenza di qualsiasi impostazione di programma che non sia la pura riduzione del settore pubblico; dall'altra, una forte spinta alla privatizzazione ed esternalizzazione delle funzioni: il progetto è evidentemente quello di uno Stato sempre più leggero, che appalta al privato le funzioni fondamentali di welfare costituzionalmente protetto.
Il taglio delle risorse porterà la maggioranza degli Atenei, anche quelli “virtuosi”, a sfondare il tetto del 90% delle spese di personale nel giro di 1-2 anni, entrando in una spirale di deficit strutturale progressivamente sempre più grave; alla ricerca disperata di fondi seguiranno decisioni parimenti gravi: l'innalzamento delle tasse in primo luogo, ma, se si desse corso alla sciagurata ipotesi di trasformazione degli Atenei in Fondazioni di diritto privato, l'inevitabile scenario di alienazione dei beni per pagare le spese correnti e finanziare gli investimenti. Siamo di fronte al combinato disposto di norme che, attraverso la leva della riduzione del finanziamento e quella della privatizzazione, stravolgono l'assetto, la missione, la natura stessa dell'istituzione universitaria come l'abbiamo per secoli conosciuta.
Resta del tutto indefinita, ma per questo ancora più preoccupante, la sorte del personale: per i tecnici ed amministrativi la privatizzazione del rapporto e l'applicazione di un contratto privato (Commercio? Turismo? come già accade in alcune Fondazioni); e per i docenti il buio totale, poiché non si vede come un dipendente pubblico regolato dalla legge possa prestare la sua opera in un'istituzione privata pagato dallo Stato.
Il blocco del turn-over al 20% pone un'ipoteca mortale sul futuro dell'Università: a fronte dell'imponente massa di pensionamenti prevista per i prossimi anni, sostituire un pensionato su cinque significa ipotizzare lo spopolamento di docenti e ricercatori,salvo quelli a contratto e precari, con le prevedibili ed inevitabili conseguenze sulla qualità della didattica e della ricerca, e negare il futuro a giovani e precari.Infine, l'allungamento degli scatti da due a tre anni significa portare la lunghezza della carriera economica da 31 a 45 anni; è stato calcolato che per un giovane ricercatore in accesso questo comporterebbe una perdita economica di circa 90.000 euro nell'arco della carriera. E il risparmio non va neppure a beneficio delle casse dell'Università, perché i risparmi che si generano vanno versati nelle casse del Tesoro.
E' poi utile una lettura del DDL Finanziaria 2009: non solo con il DL 112 peggiorano le condizioni di lavoro e di impiego (tempo determinato, precariato, malattia, ingabbiamento totale e centralizzazione della contrattazione collettiva nelle mani del Governo con il blocco di fatto delle retribuzioni), con il DDL si incentiva l'esternalizzazione di tutte le attività, senza alcun riguardo per quelle che dovrebbero costituire un presidio certo da parte del pubblico, prevedendo una parallela riduzione delle piante organiche e del personale in servizio.
Di fronte ad una manovra di tale pesantezza e pericolosità, e nonostante il black-out di informazione veritiera da parte dei media, il lavoro di informazione e socializzazione comincia a dare i suoi frutti; nonostante il periodo estivo gli Atenei si stanno mobilitando e manifestano il rifiuto di queste norme inaccettabili. La FLC ritiene necessario proseguire con iniziative locali in tutti gli Atenei; coinvolgere nella protesta tutti gli organi accademici, a cominciare dai Rettori; costruire un fronte unitario di tutto il personale e degli studenti, chiedendo alla CRUI e al C.U.N. di operare sugli stessi obiettivi con determinazione; prevedere a breve un'iniziativa nazionale a Roma che raccordi in una rete la mobilitazione locale, come è stato discusso nella riunione del tavolo unitario delle associazioni della docenza; annunciare da subito l'applicazione di forme di protesta, a cominciare dalla rigida applicazione immediata dei doveri d'ufficio, per passare successivamente a forme collettive di protesta con l'astensione dal lavoro.
E' necessario opporsi nel merito, evitando di offrire il destro ad una protesta di sapore ideologico, e siamo in grado di farlo, perché abbiamo proposte alternative e migliori su tutte la materie che riguardano il funzionamento dell'Università. Non solo non vogliamo sottrarci al confronto sui tanti problemi dell'Università, ma siamo noi che rivendichiamo un confronto stringente e a tutto campo da contrapporre ad un decreto balneare scritto nelle stanze dei Ministeri, che pretende di affrontare in modo distorto i problemi seri che abbiamo al di fuori di ogni discussione con gli attori interessati. Nella passata legislatura abbiamo protestato contro le norme Moratti. Oggi, con la stessa determinazione, vi chiediamo di essere parte attiva in questo duro passaggio, e di non consentire lo snaturamento dell'Università e il definitivo affossamento dell'alta formazione nel nostro Paese.
Roma, 11 luglio 2008
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