Scuola. Produzione di documentazione falsa e decadenza dall’impiego: non c’è un automatismo diretto e immediato
Per la Corte Costituzionale non commette reato di falso la docente che dichiara di non conoscere la misura di invalidità minima prevista dalle norme per accedere all’impiego come disabile.
Per la Corte Costituzionale è illegittimo il comportamento dell’amministrazione che non valuta preventivamente la gravità delle condotte del dipendente e le conseguenze sanzionatorie.
Il caso riguarda una invalida civile con riduzione della capacità lavorativa (37%) inferiore al minimo previsto dalla legge per accedere al lavoro come disabile.Alla lavoratrice in questione, era stata preclusa la possibilità di ottenere un altro contratto di lavoro nella pubblica amministrazione dopo che era stata dichiarata decaduta da un supplenza annuale nella scuola perché non conosceva la misura dell’invalidità minima prevista dalla legge perl’applicazione delle norme di tutela in materia di diritto al lavoro dei disabili.
La Corte Costituzionale il 27 luglio 2007 con la sentenza n. 329 ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., dell’art. 128, secondo comma, del D.P.R. n. 3 del 1957, nella parte in cui, dalla dichiarazione di decadenza automatica di concorrere ad altro impiego nell’amministrazione dello Stato, non prevede l’obbligo dell’amministrazione di valutare il provvedimento di decadenza dall’impiego, emesso ai sensi dell’art. 127, primo comma, lett. d), dello stesso decreto, operando un necessaria ponderazione tra gravità del comportamento e divieto di concorrere ad altro impiego nell’amministrazione dello Stato.
L’art. 127 del DPR 3 del 1957 (TU impiegati civili e dello Stato) ancora vigente, prevede che l’impiegato, dichiarato decaduto, quando sia accertato che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile, non può concorrere ad altro impiego nell’amministrazione dello Stato.
La Corte Costituzionale, però, ha rilevato che la norma denunciata non è stata investita dal processo di contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego poiché, concernendo i requisiti per l’accesso, rientra nell’ambito dei “procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro”, di cui all’art. 2, comma 1, lett. c), numero 4, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzzione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), richiamati dall’art. 69, comma 1, del DL.vo 165 del 2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
I giudici della Suprema Corte inoltre affermano come la norma di cui sopra pur finalizzata alla tutela di due aspetti costituzionalmente rilevanti – divieto di instaurazione del rapporto di impiego con soggetti che abbiano agito in violazione del principio di lealtà, che costituisce uno dei cardini del rapporto di pubblico impiego (art. 98 Cost.) e tutela dell’eguaglianza dei concorrenti che potrebbero ricevere pregiudizio dal dover competere con chi abbia partecipato alla selezione con documenti falsi o viziati (art. 97 Cost.), tuttavia non è in sintonia col principio di adeguatezza tra illecito amministrativo e sanzione. Infatti, la automatica decadenza del dipendente da qualunque rapporto di lavoro con la Amministrazione Pubblica colpisce illimitatamente nel tempo e automaticamente, senza alcuna distinzione tra comportamenti e delle conseguenti fattispecie di reato.
Da detta grave conseguenza sorge la necessità, ad avviso della Corte, che l’Amministrazione adotti eventualmente un provvedimento di decadenza emesso ai sensi dell’art. 127, primo comma lett. d) del D.P.R. adeguatamente motivato e dopo attenta valutazione ponderativi sulla proporzione tra la gravità del comportamento presupposto e il divieto di concorrere ad altro impiego.
La pronuncia della Corte Costituzionale appare di assoluto buon senso tenuto conto del fatto che spesso accade come l’Amministrazione adotti delle procedure di reclutamento che richiedono la compilazione di moduli non sempre comprensibili per tutti i dipendenti o aspiranti tali e, pertanto, l’aver previsto una necessaria valutazione dei comportamenti e non l’automatica decadenza del lavoratore, deve essere ritenuto un monito per un’amministrazione ancora oggi troppo poco al servizio degli amministrati.
Roma, 5 settembre 2007
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