Istat: sempre meno diplomati iscritti all'Università. Dramma generazionale cui porre rimedio potenziando il diritto allo studio
Comunicato stampa di Francesco Sinopoli, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.
Anche l’Istat, nel suo annuario, conferma quello che purtroppo già sapevamo e che come FLC CGIL abbiamo più volte amaramente denunciato: il numero degli immatricolati all’università è meno della metà degli studenti che conseguono il diploma di scuola superiore. Il fenomeno era già noto dal 2014, ma ha avuto un forte incremento negli ultimi due anni, secondo i dati dello stesso Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Le cause del fenomeno, che naturalmente l’Istat non può riportare, sono da attribuire ad almeno tre fattori congiunturali molto evidenti: 1. l’aumento dell’impoverimento delle famiglie della classe media, che non possono più sostenere uno o più figli all’Università; 2. la riduzione delle risorse finanziarie per gli Atenei del Mezzogiorno, che ha imposto a tanti studenti l’alternativa, drammatica, tra partire per il Nord, affrontando spese enormi, o non iscriversi all’Università; 3. il disimpegno di alcune Regioni nel finanziamento e nel potenziamento del diritto allo studio.
Vi è poi una causa che attiene ad una sorta di scoraggiamento generazionale, di nichilismo, di perdita di speranza nel futuro migliore, manifestati col voto referendario del 4 dicembre scorso. Infatti, questa conferma dell’Istat sul calo delle immatricolazioni segue i dati sull’occupazione diffusi ieri, secondo i quali siamo ormai in presenza di un’angosciante questione generazionale, da riportare immediatamente all’apice dell’agenda politica del governo e di tutte le forze sociali. Altrimenti, il rischio che si corre, almeno in Italia, sarà quello di avere una formazione universitaria per pochi eletti, i quali avranno inoltre accesso ai posti di lavoro meglio retribuiti. Occorre fare in modo, attraverso politiche più efficaci per il diritto allo studio, che la povertà materiale diffusa non divenga il pilastro di una diffusa povertà culturale, che colpisce ormai centinaia di migliaia di giovani. E soprattutto, che ne limiti libertà di studio e dignità di persone.
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