Istruzione: no allo scempio dei diritti
La scuola delle regioni, la fine del contratto nazionale. E ancora concorsi, ruoli e graduatorie, mobilità e salari del personale. E poi il diritto al sapere per tutti garantito dalla Carta Costituzionale che fine farà? Con Francesco Sinopoli, segretario generale FLC CGIL.
“Il rischio di passare dalla scuola della Repubblica alla scuola delle Regioni purtroppo è concreto, ma la consapevolezza ancora molto scarsa, vedo una grave assenza dell’opposizione”. Lo afferma ai microfoni di RadioArticolo1 il segretario generale della FLC CGIL Francesco Sinopoli parlando dei rischi legati all’autonomia differenziata.
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“Se il governo – avverte il sindacalista – intende procedere sulla strada indicata da Lombardia e Veneto, andiamo verso una vera e propria secessione mascherata nelle pieghe dell’articolo 116 della Costituzione, eppure si sta affrontano tutto questo come se fosse un tema ordinario. Evidentemente non bastano gli allarmi giunti da importanti economisti e costituzionalisti, dalla Svimez e dalla stessa Cgil. Bisogna fare di più. Per questo come organizzazioni sindacali della scuola e del mondo dell’associazionismo e dei movimenti abbiamo promosso un appello specifico contro la regionalizzazione dell’istruzione”.
Per Sinopoli, “non si tratta semplicemente di una questione contrattuale e salariale. Qui si introducono vere e proprie gabbie salariali. Pensiamo davvero che si possa pagare di più un insegnante perché lavora in Emilia Romagna o in Veneto? Se c’è un problema di continuità didattica e di organici in alcune zone, allora dobbiamo prendere consapevolezza che analoga questione si pone anche in Sicilia o in Calabria. È un tema che riguarda l’intero il Paese, c’è bisogno di programmazione nelle assunzioni. Pensare invece che le regioni più ricche possano risolvere da sole, a me sembra davvero una scelta molta pericolosa. In pratica siamo di fronte a una vera e propria deflagrazione dello Stato nazionale”.
Legato a doppio filo al tema dell’autonomia differenziata c’è quello dei precari, che spinge la FLC a scendere in piazza il prossimo 12 marzo davanti ai centri regionali scolastici: “Il governo non sta facendo nulla per risolverlo davvero”. Tra quota 100 e turnover fisiologico, conclude l’esponente della Cgil, “rischiamo di avere scoperti ben 130 mila posti a settembre e le scuole davvero non apriranno. Con la nostra mobilitazione chiediamo un piano straordinario di stabilizzazione con procedure che consentano di avere istituti in grado di funzionare alla riapertura”.
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